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Grandi navi a Trieste

Un modello di turismo insostenibile

Negli ultimi 30 anni il turismo mondiale da crociere è cresciuto esponenzialmente e costantemente: le 18 maggiori corporation oggi operanti hanno incrementato il loro traffico passeggeri di più di 25 volte rispetto agli anni ‘90 e prevedono un ulteriore incremento nel 2022-2023, con il post- pandemia.

Le navi più grandi possono ospitare più di 5000 passeggeri e 1000 membri dell’equipaggio, superano i 300m di lunghezza e sono definibili come vere e proprie città galleggianti. Al loro interno i passeggeri possono trovare: piscine, teatri, cinema ristoranti, negozi, spa, campi sportivi, lavanderie, ambulatori e persino zone deputate alla detenzione e obitori. Una settimana in crociera tutto incluso costa anche solo 400 euro, rendendole accessibili ad un’ampia fetta della popolazione. Negli ultimi 5 anni Trieste ha visto rapidamente incrementare il traffico crocieristico nel suo porto, raggiungendo nel 2019 i 177.400 passeggeri (diventando così in un solo anno il 7° porto crocieristico italiano, dal 10° che era), aumentati poi fino ai 238.557 nel 2021 e fino ai 424.531 nel 2022 (per 183 toccate). Secondo le previsioni della società Rispote Turismo, questi numeri rimarranno stabili nel 2023.

Un aumento consistente, quello già verificatosi, del traffico navale e passeggeri, sostenuto e auspicato da amministrazione, autorità portuale e confcommercio che lo descrivono come un generatore di posti di lavoro, investimenti e turismo, definendolo come una possibilità di rilancio dell’economia triestina.

Questa crescita esponenziale di presenze obbliga ad una seria e tempestiva riflessione sugli innumerevoli problemi causati dalle grandi navi alla città e all’ambiente, per non lasciarsi ingannare da quelli che sembrano facili profitti ed introiti garantiti, dimenticandosi in maniera più o meno consapevole degli effetti a lungo termine (e quindi dei costi) che questo settore comporta.

Negli ultimi 20 anni studi e report hanno sempre di più evidenziato le diverse criticità e falsi miti dell’industria crocieristica, sottolineandone sia l’elevato impatto ambientale sia le trasformazioni che causa al tessuto cittadino. Sottolineiamo qui una serie di punti critici a riguardo:

  • Proliferazione nei centri storici di attrazioni per turisti (air BnB, bar, ristoranti e negozi), allo stesso tempo che essi vengono svuotati di servizi per i residenti.
  • Il traffico in città aumenta a causa dei pullman usati per muovere le migliaia di persone imbarcate.
  • La città deve sobbarcarsi lo smaltimento dei rifiuti delle grandi navi, i rifornimenti di acqua e di generi alimentari. In alcuni casi si rende inoltre necessario realizzare dei lavori per adeguare le banchine all’arrivo di navi passeggeri così grandi.
  • L’arrivo delle grandi navi genera sì lavoro ma precario, sottopagato e altamente stagionale.

Proprio mentre tutti i Paesi europei si allontanano dal mercato crocieristico, l’Italia e Trieste in primis continuano invece ad investire in questo settore. Trieste e la sua amministrazione puntano sulle grandi navi come motore di sviluppo del turismo e dell’economia della città, senza dare risposte o formulare piani che considerino le perplessità espresse. Ciò riflette il generale disinteresse della giunta Dipiazza per ambiente e territorio, salute dei cittadini e sviluppo socio-economico della città.

L’assenza di una valutazione obbiettiva e pubblica di quali siano i costi legati alle grandi navi ed al turismo di massa è preoccupante, e se è vero che un’analisi puntuale su costi di gestione, impatto sul mercato del lavoro e sui prezzi di alimenti e case in città è lunga e complessa, quella sugli impatti ambientali e sulla salute dovrebbe essere, per un’amministrazione, più semplice, in quanto non solo esistono innumerevoli studi consultabili, ma anche enti preposti al controllo di qualità di aria e acqua che dovrebbero essere coinvolti.

Ci troviamo davanti un’amministrazione miope che punta allo specchietto per le allodole del numero di turisti portati in città, ma disinteressata alle necessità di cittadini e cittadine. La giunta Dipiazza continua a non affrontare le domande che da più di vent’anni vengono poste in tutto il mondo rispetto alle grandi navi: Quale impatto ambientale hanno (e conseguentemente quale impatto sulla salute dei cittadini)? Che posti di lavoro creano e quale impatto socio-economico determinano sulle città di destinazione?

Le 18 mega Corporations oggi operanti

A livello globale il settore crocieristico conta 18 Corporation principali, che armano e gestiscono le circa 50 compagnie crocieristiche che accorpano e le loro navi. Nel porto di Trieste troviamo imbarcazioni di 8 grandi compagnie (gestite da 3 Corporation) e 3 di società medio-piccole.

Come già espresso, uno dei maggiori problemi sollevati dall’esistenza stessa delle crociere è l’impatto ambientale e sulla salute da esse generato. Per cercare di dare una valutazione obbiettiva e facilmente comprensibile dell’inquinamento prodotto dalle navi, una società statunitense di protezione ambientale redige ogni anno delle pagelle per le maggiori Corporation, assegnando a ciascuna una valutazione media fatta in base a quattro criteri principali:

  • Trattamento delle acque nere e grigie: valuta se le compagnie abbiano installato e pubblicato i dati relativi all’uso di sistemi di trattamento delle acque reflue ad alta efficienza, piuttosto che scaricare in mare acque poco trattate.
  • Riduzione dell’inquinamento atmosferico: valuta se le navi siano state ri-equipaggiate per sfruttare le banchine elettrificate nei porti dove sono disponibili, usino il carburante a minor quantitativo di zolfo, o entrambe.
  • Rispetto delle normative sulla qualità dell’acqua: valuta quanto le compagnie crocieristiche abbiano violato tra il 2010 e il 2021 i nuovi standard, implementati in Alaska per una miglior protezione delle coste. Le compagnie sono state valutate con l’insufficienza se utilizzanti i sistemi di scrubber (ECGS) in quanto fonte di inquinamento tossico per le acque.
  • Trasparenza nel fornire informazione: denota quali compagnie abbiano risposto alle domande dell’agenzia riguardo le loro pratiche ambientali, e quali no.

Nel porto di Trieste attraccano navi appartenenti alle linee:

  • MSC Cruises
  • Costa
  • Carnival Cruise Line
  • Oceania Cruises
  • NCL Norwegian
  • Royal Caribbean

Posto che i dati necessari alle valutazioni provengo da porti di tutto il mondo, spicca come le valutazioni siano generalmente molto basse. In particolare, sono preoccupanti le valutazioni sugli sforzi fatti per ridurre la quantità di inquinamento atmosferico prodotto dalle compagnie operanti a Trieste: 3 insufficienze gravi e 3 appena sufficienti. Qui le banchine non sono elettrificate, le navi tengono quindi i motori accesi quando attraccate, producendo notevoli quantità di gas di scarico. L’elettrificazione delle banchine non è poi una soluzione necessariamente rispettosa di ambiente e salute, né poco costosa. Vorrebbe dire predisporre l’infrastruttura necessaria a portare notevoli quantità di energia elettrica fino al pieno centro delle città, dovendo quindi scavare e installare chilometri di cavi e strutture di controllo. Non solo, Il fabbisogno di energia elettrica dell’intera città di Trieste è di 150-160 Mva. Giovanni Piccoli, direttore reti AcegasApsAmga, ha affermato che per fornire le sole grandi navi di tutta l’energia loro necessaria Trieste dovrebbe incrementare di 80 Mva la sua disponibilità. È un incremento del 50%. Da dove proverrebbe l’energia per alimentare il sistema? Da quale fonte si ricaverebbe l’elettricità? Chi ammortizzerebbe i costi di installazione, manutenzione e mantenimento dell’opera?

Inquinanti di aria e acqua risultanti dalla presenza di grandi navi
Da “European Maritime Transport Environmental Report 2021” (EMSA European Environment Agency)

Ogni nave produce inquinanti sia atmosferici che impattanti l’ambiente acquatico circostante.

Come evidenziato dalla figura, tra le principali emissioni in atmosfera troviamo i tipici inquinanti prodotti da ogni motore a combustione: gas serra ed altri inquinanti dell’aria tra cui: ossidi di azoto (NOx), di zolfo (SOx) e altro particolato microscopico (PM) tra cui particelle di carbonio (black carbon).

Per quanto riguarda invece l’ambiente circostante, il mare, gli inquinanti derivano da scarichi di acque reflue (grigie e nere), residui solidi, apporti di composti chimici dannosi (tra cui quelli utilizzati per le vernici antifoul), trasporto di organismi provenienti da altri ecosistemi (specie potenzialmente invasive), olii ed idrocarburi presenti nelle sentine.

Le navi da crociera non fanno eccezione nel produrre tutti gli elementi dannosi sopra elencati. Alcuni di questi vengono anzi emessi in percentuali molto più consistenti dalle grandi navi, di quanto non avvenga ad opera delle più grandi porta-container. In particolare: tutti gli inquinanti prodotti dai motori, che rimangono in funzione anche mentre attraccate in porto, quelli prodotti dalla vita a bordo di migliaia di persone e quelli derivanti dalla presenza di centinaia di navi in più nelle acque del Golfo.

Inquinanti di particolare interesse per la salute umana o dell’ambiente, derivati dalla presenza di grandi navi
Da “Environmental and human health impacts of cruise tourism: a review”, J.Lloret et al., 2021.
Inquinamento atmosferico

La tabella mostra come i maggiori problemi derivanti dalla presenza delle navi in porto siano lo scarico di ossidi di azoto e zolfo così come di altro particolato sottile. Questo è determinato dal continuo funzionamento dei motori diesel, che devono mantenere accese tutte le apparecchiature, frigoriferi, condizionatori e macchinari necessari al funzionamento della nave, anche quando questa è attraccata in porto.

Il particolato sottile è la controindicazione da grande nave con effetto maggiore e diretto sulla salute umana. A seconda del diametro le particelle vanno infatti a depositarsi più o meno in profondità nell’apparato respiratorio. É stato osservato come anche un esposizione limitata (1-2-giorni) ad elevate concentrazioni di PM10 (ossidi di azoto) e PM2,5 (ossidi di zolfo) possa causare bronchiti, asma e cambiamenti della funzione respiratoria. Un’esposizione prolungata, anche a basse concentrazioni, può invece provocare disturbi come tosse, diminuzione della capacità respiratoria, problemi al sistema cardiovascolare fino ad arrivare a causare tumori e complicazioni gravi soprattutto in soggetti asmatici, anziani o bambini sotto i 12 anni.

Analisi della qualità dell’aria effettuate nei maggiori porti europei dimostrano come le quantità di ossidi di azoto (NOx) e di zolfo (SOx) emesse nei porti crocieristici siano, rispetto alle emissioni del traffico veicolare cittadino, come minimo pari nel caso del primo; sempre di gran lunga superiori nel caso del secondo.

Gli ossidi di azoto sono quelli le cui emissioni sono più contenute, arrivando solo in città medio piccole a superare quelle del traffico.

Gli ossidi di zolfo sono invece emessi a concentrazioni molto più elevate, anche dopo l’entrata in vigore della normativa 2020, che richiede l’uso di combustibile a minor concentrazione di zolfo. Dati del 2017 evidenziano come 203 navi da crociera da sole abbiano emesso 20 volte più ossidi di zolfo lungo le coste europee di quanto non abbiano fatto i più di 216 milioni di autoveicoli presenti in Unione Europea.

Anche considerando che i dati 2022 rileveranno una quantità inferiore di SOx emessi, grazie all’entrata in vigore di norme più stringenti, è evidente come l’inquinamento prodotto da questi mostri del mare rimanga estremamente superiore a quello già caratterizzante le nostre città. Essendo poi gli ossidi zolfo un PM2,5 sono anche quelli con rischi maggiori per la salute.

Calcoli effettuati con dati forniti dall’agenzia europea dei trasporti, dimostrano come per Trieste le emissioni di NOx delle 224 crociere arrivate nella stagione 2022 superino di 3 volte quelle del traffico veicolare mentre quelle di SOx di 45,9 volte.

Anche non considerando la salute delle persone e dell’ambiente dovrebbero preoccupare i costi di gestione della sanità per una città inevitabilmente sempre più ammalata.

Inquinanti marini

La stessa Agenzia Europea per l’Ambiente definisce quella della contaminazione dei mari europei “una sfida di larga scala”, scrivendo che “servono ulteriori impegni nei confronti della riduzione degli scarichi o inquinamento accidentale di ogni tipo (incluso quello proveniente da navi) per ottenere un ambiente marino pulito e non tossico.”

Negli ultimi anni la tutela del mare e degli oceani è finalmente entrata nell’agenda politica, ne è stata segnalata la vulnerabilità e l’indispensabilità per la vita sul pianeta e sono state firmate alcune convenzioni di tutela degli ecosistemi marini. Il mare, oltre ad essere fonte cibo e svago è fondamentale regolatore del clima, delle correnti atmosferiche e temperature, produce da solo più del 50% dell’ossigeno che respiriamo ed è ecosistema complesso regolato da relazioni in molti casi ancora sconosciute.

Il Golfo di Trieste è il più a nord del Mediterraneo, è grande appena 550 km2 ed è profondo in media 16-18m uno specchio d’acqua minuscolo. É inoltre un ambiente già sottoposto a forti pressioni antropiche, ospitando tra gli altri i porti di Trieste e Capodistria, i cantieri navali di Monfalcone, la sua cartiera, la foce del fiume Isonzo e fino a poco tempo fa la ferriera di Trieste. Tutte queste attività mettono da decenni sotto pressione l’equilibrio dell’ecosistema, che già mostra una biodiversità in costante declino dagli anni ‘60 e ora anche forti segni di tropicalizzazione.

La presenza in rapida crescita delle grandi navi nel golfo non fa altro che esacerbare i problemi già causati da petroliere e porta container, attività industriali, di pesca, allevamento ed agricole, aggiungendone di nuovi non tipici delle navi commerciali. Queste città galleggianti imbarcano infatti una media di 3000 persone fra ospiti e membri dell’equipaggio, oltre a cabine e servizi igienici offrono ristoranti, piscine, lavanderie, saune e spa. Tutti questi comfort producono inquinanti come ogni ogni centro abitato: acque grigie e nere, immondizia e residui vari provenienti da detergenti, cibi, bevande eccetera, non emessi dalle navi commerciali.

I sistemi di depurazione e smaltimento presenti sulle crociere non possono garantire un filtraggio pari a quelli di terraferma. Vengono così introdotti nell’ambiente marino batteri, virus, nitrati ed altri elementi, materiali chimici tossici, diossina, micro e nano plastiche. Inoltre, nonostante le navi crociera rappresentino solo l’un percento del totale dell’industria navale mondiale, si stima che da sole producano fino ad un quarto di tutto il rifiuto, solo una parte del quale arriva ad essere smaltito in terra ferma.

In un Golfo poco profondo come quello di Trieste anche il movimento stesso dell’acqua, causato dalle turbine dei motori, può costituire un impatto considerevole. Studi svolti nei Caraibi hanno infatti dimostrato come i fondali situati a profondità inferiori ai 20 metri vengano perturbati dal passaggio delle navi, generando sospensione del sedimento e quindi aumento della torbidità dell’acqua e rimessa in circolo dei depositi di fondale (inclusi i metalli pesanti), arrivando anche allo sradicamento di piante sottomarine quando presenti.

Lasciano infine grosse perplessità anche i nuovi sistemi ECGS, sistemi per la depurazione del gas di scarico atti a ridurre la quantità di ossidi di zolfo rilasciata in atmosfera. Questi sistemi filtrano i composti dello zolfo dal gas di scarico utilizzando acqua di mare, che viene poi scaricata in mare o, nel migliore dei casi, ri-filtrata per isolare i composti di zolfo in essa presenti, generando un rifiuto tossico che viene poi smaltito a terra. Nel rapporto europeo sull’impatto ambientale del trasporto marittimo si indica come il 77% delle acque scaricate da navi consista proprio nelle acque di scarico dei sistemi a ECGS a circuito aperto, queste sono cariche di metalli pesanti e idrocarburi aromatici, pericolosi per l’ambiente e gli organismi marini.


ALCUNI DATI, INFORMAZIONI E SPIEGAZIONI AGGIUNTIVE

Particelle di carbonio (Black Carbon)
Con la combustione vengono rilasciate nell’aria minuscole particelle di carbonio, classificate come PM2,5 sono particelle estremamente volatili, pericolose per la salute e per l’ambiente.

Così come gli ossidi di Zolfo esse entrano facilmente nel sistema respiratorio, portando allo sviluppo o all’aggravarsi di malattie cardiovascolari, infarti, attacchi cardiaci e malattie respiratorie croniche come asma o bronchiti.

Disperse nell’ambiente inoltre sono le seconde maggiori contributrici al riscaldamento globale. Il carbonio è infatti estremamente efficiente nell’assorbire luce e calore (460-1500 volte più della CO2). Quando sospeso nell’atmosfera converte la luce del sole in calore, quando si deposita a terra è invece particolarmente problematico se depositato su neve o ghiacciai. In entrambi i casi il risultato è un innalzamento delle temperature, potenzialmente distruttivo soprattutto nelle regioni artiche.

Le particelle di carbonio rimangono sospese per relativamente poco tempo, prima di ricadere al suolo (e non essere così direttamente più responsabili di problemi cardiorespiratori): 4-12 giorni. Esse derivano per la maggior parte da combustibile ad uso domestico (51%) e vista la velocità di decadimento, negli anni sono state disposte normative sempre più stringenti per limitare l’uso di caminetti, stufe a legna e stufe a carbone o kerosene nelle città, proprio per tenere basso il livello di particelle di carbonio sospeso.

La percentuale di particelle di carbonio emessa dall’uso di combustibile fossile per i trasporti marittimi è molto inferiore, di questa però le crociere producono il 6%, nonostante rappresentino solo l’1% dell’industria navale. É una percentuale altissima, determinata dall’uso constante ed ininterrotto di carburante anche quando attraccate.

Trieste, che come tutte le città, ha un regolamento restrittivo nell’uso del combustibile domestico, per limitare l’inquinamento atmosferico da particelle di carbonio, non solo vede i suoi sforzi vanificati dalla costante presenza delle grandi navi, che continuano ad immettere carbonio in atmosfera, ma lo fa presentandole come una buona idea per la valorizzazione del proprio patrimonio artistico culturale ed ambientale.

Vernici Antifoul
Ogni nave ha una verniciatura biocida che serve a limitare la crescita di organismi sullo scafo. Fino al 2008 le vernici antifouling contenevano elevate concentrazioni di TBT (tributilstagno), composto che si è scoperto avere gravi impatti sull’ambiente e conseguentemente se ne è vietato l’uso.

Oggi si usano per lo più composti a base di rame, meno tossici del TBT ma non per questo inoffensivi. Essi sono tossici anche per gli organismi che non ne sono target, possono causare inibizione della fotosintesi (in piante e alghe), mutazioni fino ad alterazione delle abilità riproduttive.

Gli effetti dello scioglimento e diffusione del rame in mare sono particolarmente gravi in bacini piccoli a lento ricambio d’acqua, dove l’accumulazione è più facile in quanto il tempo di esposizione degli organismi al minerale è più lungo. Rimanendo in sospensione il rame entra anche nella catena alimentare. Esso entra prima nel plankton (organismi animali e vegetali marini, per la stragrande maggioranza invisibili ad occhio nudo) che è base dell’alimentazione di molti organismi, come spugne e molluschi, che vengono a loro volta mangiati da animali più grandi come pesci e crostacei. Tramite questo processo di bioaccumulo le tossine arrivano dai mari al piatto.

Per quanto quello delle vernici antifouling sia un problema comune a tutte le imbarcazioni, le grandi navi acuiscono l’inquinamento da antifouling vicino alla costa, in quanto solitamente non attraccano in porti commerciali, ma a banchine più prossime ai centri abitati, e quindi a spiagge, mitilicolture ed aree marine protette.

Normativa 2020
Dal primo gennaio 2020 sono entrate in vigore le nuove norme della Convenzione Internazionale MARPOL (Annesso VI) dell’International Maritime Organization (IMO), ossia l’Agenzia Marittima delle Nazioni Unite, che obbligano ad utilizzare a livello mondiale carburanti navali con un contenuto di zolfo inferiore allo 0,5 % m/m (massa per massa). Lo scopo è quello di migliorare la qualità dell’aria e diminuire drasticamente l’inquinamento ambientale prodotto dalle navi commerciali che utilizzavano fino ad allora combustibile con tenore di zolfo al 3,5%. La normativa si applica a tutte le navi battenti bandiera, o che navigano entro la giurisdizione, di uno Stato parte della Convenzione MARPOL.

La normativa permette l’utilizzo di carburanti a tenore di zolfo superiore al 0,5% purché affiancati dall’uso di uno scrubber, ovvero un sistema di filtraggio che riduca le emissioni ad un livello pari a quello di navi che utilizzano carburanti a basso contenuto di zolfo.

La tendenza riscontrata per le navi con consumi di carburante più elevati (traghetti e crociere) è quella di installare sistemi di scrubber per continuare ad usare i più economici carburanti ad alto tenore di zolfo. Gli scrubber usano acqua di mari pompata attraverso specifici filtri per ripulire i gas di scarico, queste acque vengono poi rilasciate nell’ambiente circostante. Sono considerate acque inquinanti ed in alcuni stati parte della convenzione MARPOL ne è vietato lo scarico in porto o altre acqaue di pertinenza (es: Cina, Singapore, Alaska).

Calcoli relativi alle quantità di NOx e SOx emessi a Trieste
Il dato su Trieste è una stima di quanti SOx e NOx siano stati prodotti nel 2022, è stato calcolato in base ai dati disponibili su Venezia (2017), aggiustandolo rispetto al numero di veicoli presenti a Trieste ed il numero di navi arrivato.

  1. Una nave produce in media: 404,7 Kg di SOx e 8828,48 kg di NOx
  2. Un’auto produce in media: 1,4 Kg di SOx e 3,9 Kg di NOx

I sistemi EGCS o scrubber
Dopo l’entrata in vigore del IMO Global Sulphur Cap il 1° gennaio 2020 gli armatori hanno dovuto o iniziare ad utilizzare carburanti con tenore di zolfo inferiore al 0,5% (prima fissato al 3%) o dotare le proprie navi di scrubber.

Gli scrubber o Exhaust Gas Cleaning Systems (ECGS) sono elementi cilindrici posizionati all’interno del camino di scarico, così che i gas passino attraverso una soluzione di acqua nebulizzata prima di essere espulsi. Gli ossidi di zolfo vengono catturati tramite 2 reazioni: una con l’acqua stessa che li dissolve, l’altra grazie alla reazione fra gli ossidi stessi e altre particelle alcaline (basiche) presenti naturalmente nell’acqua.

L’acqua usata negli scrubber si carica quindi di metalli pesanti (derivanti dall’ossidazione dello zolfo) e si acidifica, deve quindi essere a sua volta filtrata per catturare il più possibile dei metalli presenti e per riportarla ad un pH leggermente alcalino prima di poter essere scaricata.

Esistono diversi tipi di scrubber, adatti ad acque a salinità e temperature diverse, una differenza macroscopica nei diversi sistemi è tra quelli a circuito aperto (l’acqua di risulta è scaricata direttamente in mare) e chiuso (il rifiuto è smaltito a terra). Alcuni porti e nazioni nel mondo vietano in toto lo scarico delle acque provenienti dagli scrubber lungo le loro coste, per garantirne la protezione.

Le grandi navi sono, rispetto alle altre grandi imbarcazioni, tra le maggiori consumatrici di carburante e dopo il 2020 hanno per lo più installato sistemi di scrubber, piuttosto che utilizzare carburanti a minor concentrazione di zolfo (e più costosi). Il risultato è che la maggior parte delle acque scaricate dalle navi è oggi rappresentato da acque ricche di residui di questo filtraggio.

Inutile riaffermare come metalli pesanti e acque ricche di residui di gas di scarico siano dannose per l’ambiente. I sistemi scrubber offrono la possibilità di continuare ad usare carburanti altamente inquinanti che, per quanto ben funzionanti e rispettanti le normative, non rilasceranno mai acqua pulita, e vanno semplicemente a spostare il problema dell’inquinamento da zolfo dall’atmosfera al mare.