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Sempre al fianco di chi ancora ci crede, sempre al fianco di chi lotta!

Esprimiamo solidarietà e vicinanza alle compagne e ai compagni di Corsica, della Magni*fica, delle Favoloske e dello Studentato Occupato di Firenze, che continuano in questi ultimi mesi ed anni a tentare di resistere alla violenza poliziesca e a rispondere ad ogni sgombero. 
Scriviamo questo comunicato per due ragioni: da un lato dare una restituzione di ciò che sta accadendo a Firenze a chi non conosce una realtà geograficamente a noi distante ma che ha, per varie ragioni, delle linee di contatto estremamente marcate con quella triestina e, dall’altra, per dimostrare il più grande sostegno e vicinanza a chi continua a rispondere con determinazione, amore e rabbia alla repressione dello stato, che si fa in ogni angolo d’Italia sempre più violenta e pervasiva. 
Ma quali sono i fatti?
Le compagne della Magni*fica, per tre volte negli ultimi anni, hanno cercato di riprendersi spazi pubblici abbandonati per costituire una casa delle donne transfemminista, e per tre volte sono state sgomberate a suon di manganelli e repressione, spesso per svendere quegli stessi edifici pubblici a nuovi proprietari privati. 
Le Favoloske, invece, in seguito ad uno spumeggiante Pride anti-istituzionale e intersezionale il 30 settembre, hanno deciso di rianimare un ex circolo con una Taz (Zona Temporaneamente Autonoma) di una settimana, per mostrare alla città come ci sia bisogno di spazi sociali in cui costruire dibattiti, assemblee, momenti di socialità e festa collettiva. Le forze dell’ordine anche qui non si sono fatte attendere e dopo un paio di giorni hanno deciso di sgomberare con la forza quella che sarebbe in ogni caso stata un’occupazione temporanea (lo stato, patriarcale com’è,deve ogni tanto mostrare i muscoli per sopravvivere e autoalimentarsi).
Ad agosto anche lo Studentato Occupato è stato sgomberato, uno spazio che da anni garantiva il diritto allo studio a ragazze e ragazzi che i prezzi astronomici di una stanza in affitto in città non se li potevano permettere, in un contesto in cui le case dello studente — come accade anche a Trieste — sono diventate soltanto nuove occasioni di privatizzazione e profitto.
Risale a un paio di settimane fa invece lo sgombero, effettuato a pistole in mano, di una ex banca in via Gramsci, spazio liberato dalle compagne dell’occupazione Corsica. A marzo 2021 la storica occupazione di viale Corsica 81, una ex scuola abbandonata, era stata sgomberata per poi venire rasa al suolo, all’unico scopo di mettere il terreno a disposizione della speculazione edilizia. Ma chi quello spazio lo aveva vissuto non si è lasciata abbattere, e dopo un corteo rabbioso, l’occupazione del tetto e un presidio stabile a Rifredi — il loro quartiere, la loro casa — è stato occupato un nuovo edificio, abbandonato da ben 8 anni, a pochi passi dalla vecchia casa. Anche questo edificio, con la violenta spinta del cosiddetto “Antiterrorismo” — sempre più usato in modo generale contro il dissenso politico — , è stato sgomberato ad agosto di quest’anno.
Perché tanta violenza? Perché tanta repressione?
Sembra che certi palazzi preoccupino molto alle istituzioni unicamente quando vengono occupati e ridonati alla collettività per creare spazi abitativi e sociali, biblioteche popolari, aule studio e luoghi di incontro e confronto. Pare invece naturale che quegli stessi palazzi vengano lasciati a marcire lungo le strade delle nostre città, diventando carne da speculazione, con il conseguente aumento degli affitti, e costringendo sempre più ai margini chi ai margini è già costretta a vivere.
Punirne uno per educarne cento, si suol dire. Perché chi mostra che è possibile strappare spazi all’economia neoliberista, alla speculazione, alle etichette, al decoro, allo spreco, deve essere punita. Non è ovviamente quell’edificio vuoto che viene rianimato il problema, ma il fatto che si possa intravedere un’alternativa, una breccia, una possibilità di stare assieme e vivere in maniera diversa. Questo è ciò che il potere punisce, reprimendo chi osa provarci per spaventare chi non ha ancora iniziato a farlo.
Ma non è vittimismo quello che vogliamo esprimere in questo comunicato, anzi tutto l’opposto. Ciò che vogliamo raccontare è il percorso di chi, nonostante gli sgomberi, le violenze e la repressione, ci crede e ci prova ancora!
Hanno manganellato uno spezzone ad un Pride? La risposta è stata un Pride indipendente, anti-istituzionale e intersezionale che ha permesso a compagne queer provenienti da tutta Italia di incontrarsi e camminare assieme. Hanno sgomberato l’occupazione di Corsica? E proprio da lì nascono momenti di aggregazione in piazza, presidi, concerti nelle strade, cortei e nuove occupazioni.
Un movimento, quindi, che osa rispondere agli sgomberi, alle manganellate, alle denunce, con determinazione e solidarietà, creando sempre nuovi spazi e momenti di socialità. Perché dove volevano paura, hanno generato rabbia; dove volevano deserto, hanno generato nuove forze per andare avanti. 
Trieste come Firenze?
Firenze, la città della gentrificazione e del turismo, e quindi delle tante cittadine e cittadini costretti ad allontanarsi dal centro e a frequentarlo solo per farsi sfruttare da un’industria del turismo sempre più di lusso. La Firenze degli Hotel, dei ristoranti e dei negozi esclusivi; dei locali a prezzi stellari che nessuna lavoratrice con uno stipendio normale può frequentare. La Firenze in cui anche un buco di monolocale di 20 metri quadri non si trova a meno di 600/700 euro al mese. La Firenze in cui il centro va infiocchettato, cacciando qualsiasi socialità diversa da quella dei bar e della movida.
Ma ora che Trieste si incammina sulla tanto prospettata strada della “città turistica”, dove finirà? Dove finiranno gli ultimi? Dove finiranno le persone “normali” che semplicemente 700 euro per un monolocale e 5 euro per uno spritz non se li possono permettere? Una Trieste in cui gli spazi di socialità alternativa semplicemente non esistono, in cui ogni edificio vuoto in centro o rimane tale per specularci o diviene un Hotel, preferibilmente di lusso. Una Trieste dove i pochi spazi verdi stanno venendo anch’essi svenduti mentre i triestini si ritrovano sempre più allontanati dalla città a favore di turisti e navi da crociera.
E chi prova ad aprire Brecce? Anche qui viene represso e perseguitato. Per cosa? Per mostrare come un’alternativa non sia possibile, per mostrare come i criteri del dio mercato siano gli unici . 
Il Giardino che era stato liberato e reso utilizzabile qualche anno fa in zona Cavana è ritornato ad essere sterpaglia, e dicono ora che ci faranno un albergo (sì, un altro!). L’ex Sacra Osteria, occupata per creare uno spazio di socialità alternativa e sgomberata in poche ore, è ancora lì vuota e decadente dopo 4 anni. Chi cerca di portare concerti e musica alternativa in città non trova spazi, chi cerca di portare la politica nel centro tendenzialmente viene manganellato o denunciato, perché il salotto buono deve restare intoccabile e distante dalla realtà di una società in cui i poveri sono sempre più poveri, dove centinaia di persone dormono per strada ogni notte e dove la politica partitica è sempre più distante dai bisogni reali delle persone.
No, Trieste non è Firenze, ogni città ha le sue peculiarità, ma il processo di gentrificazione e turistificazione che ci troviamo davanti sembra seguire di pari passo quello delle grandi città turistiche come Firenze, Venezia e Roma. Anche qui però, c’è chi non ha intenzione di farsi intimidire, c’è chi intende crederci, lottare ancora e rispondere alle violenze e pressioni poliziesche. Non sempre è facile e non lo sarà nemmeno in futuro, ma è anche l’esempio che ci arriva da altri luoghi che ci da la spinta per continuare a provarci. 
Ribadiamo ancora una volta la nostra solidarietà e vicinanza alle compagne di Firenze, e con allegria condiviamo le notizie che da loro sono arrivate sabato scorso: “Oggi abbiamo aperto un altro posto, per soffiare via la sabbia. Un luogo per chi guarda con sconforto, ma senza rassegnazione, al deserto che avanza: vieni a disertare anche tu!”
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Continuare a seminare su terra bruciata

A seguito di certi fatti accaduti durante le scorse settimane, e con una minima prospettiva, sentiamo la necessità di condividere alcune riflessioni.

Iniziamo riassumendo i suddetti fatti. Sabato 4 febbraio, Trieste Hardcore prevedeva di organizzare, in orario pomeridiano, un concerto dove avrebbero suonato diverse band. Doveva essere il quarto appuntamento di una serie di eventi organizzati per portare musica punk live in una città dove manifestazioni del genere sono più uniche che rare. Il giorno prima dell’evento, il gestore dello spazio avvisa gli organizzatori che la polizia politica, ai più nota come Digos (Divisione Investigazioni Generali e Operazioni Speciali), gli ha “consigliato caldamente” — parrebbe tramite un consigliere circoscrizionale di FdI — di annullare il concerto.

Qual è stata la motivazione di questo intervento preventivo e avvenuto nell’ombra da parte della questura? Nient’altro che la presunta presenza di anarchicx ai concerti di Trieste Hardcore, la quale, secondo gli agenti, avrebbe portato inevitabilmente a violenti disordini e a gravi danni durante l’evento (nonostante quelli precedenti non avessero generato altro che quintali di sudore, qualche decibel sopra la media e molta gioia). Davanti a tali avvertimenti, i gestori dello spazio si sono sentiti costretti ad accogliere la “richiesta” dei digossini. Niente più concerti, e non solo: salta anche la disponibilità dello spazio per un’altra iniziativa di Burjana in programma per marzo (stay tuned!).

Qualsiasi persona con un minimo di coscienza storica non si stupirà di questo utilizzo repressivo dello spauracchio anarchico. Da quando lo scorso 20 ottobre Alfredo Cospito ha iniziato uno sciopero della fame — che continua ancora oggi, nonostante le sue fragilissime condizioni di salute, in una cella dell’ospedale San Paolo di Milano omologata al 41bis — si è scatenata una campagna di solidarietà che è andata ben oltre il suo gruppo politico di riferimento. Per il ritorno di Alfredo ad un regime carcerario “normale” e contro gli istituti del 41bis e dell’ergastolo ostativo, si sono espressi non solo parlamentar*, giornalist* e giurist* di taglio progressista, ma anche numerosi gruppi politici extraparlamentari che — come la Burjana — non sono direttamente ascrivibili all’area anarchica.

Questa trasversalità ha mandato in tilt i meccanismi politico-mediatici del governo meloniano e dei difensori a oltranza delle torture istituzionalizzate (tra cui spiccano, appunto, il regime del 41bis e l’ergastolo ostativo). La risposta di quella macchina è stata un revival del “terrore anarchico”, attraverso una prassi comunicativa semplice quanto efficace: circoscrivere all’area anarchica qualsiasi azione realizzata in solidarietà con Cospito, ingigantire i sabotaggi e focalizzare tutta l’attenzione mediatica su di essi. Per vederne il risultato basta aprire qualsiasi quotidiano o guardare per pochi minuti un qualunque telegiornale. Nel giro di poche settimane è stato rimesso in piedi il vecchio nemico pubblico numero 1. La logica su cui si basano tutte le informazioni a riguardo è la seguente: Gli anarchici sono il male + soltanto gli anarchici esprimono solidarietà con Cospito >> Chiunque esprima solidarietà con Cospito è anarchico >> Chiunque esprima solidarietà con Cospito è il male.
Un sistema di sillogismi ridicolo e fallace, ma che sta portando a una repressione feroce.

Una volta messo in piedi e integrato all’interno della macchina mediatica, questo meccanismo risulta molto utile a questure, prefetture e comuni per mantenere il controllo dei loro feudi. La censura di fatto dei concerti di Trieste Hardcore ne è un esempio: essa è stata eseguita utilizzando come pretesto la vicinanza fra il gruppo punk e la Burjana (e quindi, per quanto spiegato sopra, fra TsHc e i pericolosi anarchici). Pretesto, diciamo, perché al netto delle contingenze, Trieste è una città dove qualunque iniziativa di gestione dal basso della socialità viene stroncata, in un modo o nell’altro, lapidata da multe e altri dispositivi repressivi, siano essi penali o amministrativi. Basta aver vissuto qualche anno da queste parti per farsi venire in mente più di un esempio di spazi di questo tipo che sono stati costretti, più o meno direttamente, a chiudere.

Decoro e civismo sono le scuse usate in tempi di “pace” per reprimere la creazione e lo sviluppo di spazi al di fuori dei circuiti del consumo obbligato e dello sfruttamento lavorativo. Ora che lo Stato italiano ha dichiarato di essere in guerra contro gli anarchici, le scuse cambiano, ma l’obiettivo è sempre lo stesso: mantenere lo status quo, disclipinare le minoranze devianti adoperando meccanismi securitari in nome di una supposta maggioranza democratica.
Operazioni che, oltre alla repressione immediata, hanno come fine anche l’isolamento e l’inagibilità politica sul lungo periodo. Chi in questa città cerca di mantenere “l’ordine pubblico” sa bene che colpire spazi di socialità e aggregazione rende più difficoltoso creare reti di condivisione di idee, di visioni, di pratiche e di prospettive al di là di quelle delle istituzioni statali. Un obiettivo che accontenta una certa fetta di cittadinanza sdraiata e che diventa quindi redditizio dal punto di vista elettorale. Ed ecco che la giunta del decoro, del centro vetrina e dell’appiattimento culturale ritrova come alleato la macchina repressiva e divisiva dello stato.

Nonostante si tenti di farci terra bruciata attorno, noi non demordiamo. Continueremo ad aprire e a sostenere spazi di autogestione, dove immaginare e mettere in pratica altri mondi, dove lottare senza farci schiacciare ai margini, mantenendoci in contatto con la città e con la campagna, perché crediamo fermamente che i grossi cambiamenti che sogniamo siano la strada per rendere migliore la vita di (quasi) tutte e tutti.

Ci si vede presto, da qualche parte.

PS – Una piccola nota: pubblichiamo questa comunicazione sui nostri social perché è un modo di arrivare a più persone, ma spingiamo per una solidarietà attiva nel mondo materiale: pensiamo che la roboanza limitata alla realtà virtuale sia una delle peggiori tendenze dei nostri tempi. Come un cane che per istinto abbaia da dietro un cancello, ma quando questo viene aperto abbassa la coda e si ammutolisce, così le parole cui non seguono i fatti creano solo illusioni e false aspettative, contribuendo a generare frustrazione. Ci sembra di star vivendo tempi in cui non si possa più scherzare: prendiamoci cura l’un l’altra, difendiamoci e supportiamoci a vicenda concretamente, non lasciamoci addomesticare e opprimere senza reagire

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Torniamo nomadi ma non ci fermiamo

A inizio novembre annunciavamo che il popolo nomade della Burjana sarebbe approdato per un po’ in vicolo delle Rose 1. Qui abbiamo affrontato il primo freddo dell’inverno con tre mesi di intensa attività: i martedì Burjana hanno alternato momenti di socialità e djset a presentazioni di riviste, proiezioni, raccolte fondi per sostenere realtà non-profit e militanti e la ciclofficina popolare Scontrosa Graziella. È partito il progetto Burjana Hardcore per riportare in città musica dal vivo, abbiamo ospitato assemblee e aperitivi dei gruppi cittadini organizzati dal basso contro il progetto dell’ovovia.

Ma da troppi anni fare socialità, eventi e attività culturale e politica a Trieste è ostracizzato in massima misura, mentre il turismo di lusso sottrae sempre più territorio a chi in città ci abita. Nel nome del decoro, chi vuole proporre percorsi culturali diversi dal semplice aperitivo al baretto viene soffocato in denunce e chiamate alla polizia: è quello che è successo a noi.

Posto che le scelte fatte riguardo lo spazio di Vicolo delle Rose non dipendono solo da noi, siamo quindi costrett* a migrare nuovamente.

Ma non ci fermiamo! Continuate a seguirci per scoprire dove continueranno le nostre attività, che siano outdoor o ospitat* da altre realtà (in attesa di avere una casa più stabile, a cui stiamo lavorando).

OGGI MARTEDÌ 17 GENNAIO NIENTE BURJANA,
SOLO PIOGGIA E UN PO’ DI AMAREZZA.
METEO PERMETTENDO, PORTEREMO BURJANA MARTEDÌ PROSSIMO, 24 GENNAIO, IN PIAZZA TRA I RIVI A ROIANO.

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Bimb* alla Burjana!

La Burjana vuole essere uno spazio veramente inclusivo. Per questo non solo lavoriamo ogni giorno per renderlo sempre più libero da comportamenti machisti, razzisti, omolesbotransfobici e in generale libero da ogni discriminazione, ma vogliamo anche permettere a tutte e tutti di poterlo attraversare. Perciò negli eventi a venire, a partire dal concerto di questo sabato allestiremo uno spazio dedicato a bimbe e bimbi, dove possano stare a loro agio e in sicurezza.


Chiedeteci quando arrivati in sede!
[Attenzione: non è un baby park, è autogestione collettiva!]

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Da San Giacomo a Roian – Abbiamo un tetto! (autunno/inverno Burjana)

Fin dai suoi inizi, quello della Burjana è stato un popolo nomade. Non è esattamente una scelta: il nostro primo obiettivo era ed è quello di aprire un nuovo spazio in città, ma le democratiche leggi del mercato (e quelli che sono, in ultima istanza, i loro garanti, le forze dell’ordine) ci hanno impedito finora di raggiungerlo. Non per questo ci siamo arrese: la Burjana Outdoor e la Pandemonio Street Parade sono state esperienze – brevi ma intense – che dimostrano come la necessità di una socialità diversa, di un’aggregazione indipendente dai circuiti commerciali, non ha per forza bisogno di quattro mura. Complice l’estate, abbiamo recuperato a San Giacomo un piccolo angolo della città, rinforzando e stringendo legami con tante persone, alcune già conosciute e altre nuove. Abbiamo sviluppato discorsi – mirati all’azione – di cui si parla poco in città, come la critica dal basso ai dannosi modelli rappresentanti dalla gentrificazione del centro, dalle grandi navi e dall’ovovia (qualcuno ha detto nuove forme di capitalismo estrattivista?).

Ma il vento cambia, le serate si fanno più fredde, e noi non vogliamo fermarci. Per azzardi del destino ci è stata offerta la possibilità di condividere lo spazio di Vicolo delle Rose 1, a Roiano, con il circolo Zeno. Abbiamo accettato volentieri, e quindi per un po’ stabiliremo lì la nostra casa e da lì organizzeremo le nostre attività. Ma non ci vogliamo rintanare: concepiamo la Burjana – dovunque essa sia – non solo come uno spazio nel quale creare politica e cultura antagonista, ma anche come un punto di partenza per muoverci nel mondo.

Segnatevi questa data: martedì 8 novembre. Quel giorno apriremo le porte della nuova sede della Burjana, con lo spirito di sempre e con la grinta del domani; per stare assieme, riflettere, organizzarci, agire, partendo da quello che vorremmo uno spazio sicuro per tutte. Torna la Burjana, vi aspettiamo!

[No fasci, No machi, No sbirri]