VENERDÌ 20 GENNAIO / ORE 18.00
BAR LIBRERIA KNULP
Alfredo Cospito, rinchiuso al 41 BIS nel carcere di Bancali, è un anarchico che si trova attualmente recluso perché accusato, con Anna Beniamino, di un attentato in cui furono posizionati due ordigni a basso potenziale (polvere dei fuochi d’artificio) davanti ad una scuola dei Carabinieri. L’attentato avvenne nella notte in un luogo isolato, non causò né morti né feriti ma fu classificato come strage semplice, in un processo con poche e strane prove. Durante la detenzione Alfredo ha continuato a contribuire pubblicamente al dibattito anarchico internazionale con scritti e libri. Per farlo tacere, o forse per cieca vendetta, nel 2022 lo Stato intraprende due strade: il 4 maggio la ministra Cartabia firma un decreto di applicazione del regime del 41 bis per Cospito, la ragione è la sua attività scritta dal carcere, applicando per la prima volta tale regime non per prevenire relazioni segrete e pizzini ma per reprimere la diffusione pubblica di idee. La seconda avviene il 6 luglio con una raffinata forzatura giuridica in cui la Cassazione riqualifica l’attentato come strage contro la sicurezza dello stato, punibile con l’ergastolo ostativo. Tale condanna è una delle più gravi dell’ordinamento giuridico e non fu comminata nemmeno per le stragi di Piazza Fontana o di Falcone e Borsellino, dove diverse tonnellate di tritolo fecero saltare autostrade e piazze e dove morirono due giudici, le loro scorte e molte persone.
Ma Alfredo, che non è mafioso ma anarchico, davanti alle ingiustizie e ai soprusi risponde. E dall’orrore in cui lo seppelliscono, trae forza per contrattaccare, non per un tornaconto personale, ma per un miglioramento delle condizioni di tutti e tutte. Con l’unica arma che gli rimane a disposizione, il corpo, dal 20 ottobre Alfredo Cospito inizia uno sciopero della fame per l’abolizione del 41 bis e dell’ergastolo ostativo, i “due abomini repressivi dello Stato Italiano”. Dopo più di ottanta giorni di digiuno sta rischiando la vita. Il tribunale di Roma, a dicembre, ha confermato la sua permanenza in questo regime di tortura. Il suo sciopero della fame continua ad oltranza.
Di fronte al silenzio istituzionale e alle manovre più o meno esplicite per depistare, una volta di più, le ragioni di una battaglia di giustizia e libertà (che per la prima volta emerge con questa forza nei confronti delle torture del 41 bis e dell’ergastolo ostativo) non possiamo che prendere parola, mobilitarci e rompere la cortina fumogena che cala su queste questioni.
Questa lotta riguarda tutti e tutte: anche fuori dalle prigioni diamone voce e visibilità!