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E vennero a bussare alle nostre porte

Lo sapevamo: ci sono battaglie che non ti risparmiano nulla. Quella contro il 41bis e l’ergastolo ostativo per Alfredo Cospito era una di queste.

La scorsa settimana la Digos si è presentata alle porte di tre compagnə, pescatə come al solito nel mucchio, con un ordine di perquisizione, ribaltando le loro case da cima a fondo per sequestrare oggetti come scarpe, manoscritti, computer, telefoni, martelli, volantini e libri. Il fatto che alcuni di questi ultimi fossero ascrivibili alla stampa anarchica è stato riportato nei verbali quasi a rappresentare una prova di criminosità, come se leggere e studiare alcune cose rispetto ad altre sia di per sé prova di reato. Hanno inoltre fotosegnalato i/le compagnə in questura, tentato di prelevarne le impronte digitali e le hanno mantenutə in stato di fermo per quasi 8 ore. Non aggiungiamo altri dettagli, se non che la foga da sequestro ha portato a requisire dispositivi anche di persone non coinvolte nell’inchiesta e che almeno un account google è risultato hackerato e sottratto al proprietario (con tanto di cambio di password e indirizzo di recupero).

Ci abbiamo messo la faccia in questa battaglia, promuovendo iniziative pubbliche, prendendo parola, scendendo in strada: convintx che fosse la cosa giusta, contro una vergogna, un regime di tortura, un macchinario infernale di isolamento, chiamato 41bis e fine pena mai.

I fatti contestati riguardano uno dei tanti episodi della campagna portata avanti in solidarietà al militante anarchico in sciopero della fame (concluso in fin di vita dopo 180 giorni). Poco importa, per quanto ci riguarda, che le iniziative di solidarietà fossero praticate di giorno o di notte: tutte le iniziative erano parte di un percorso più ampio, di quel lavoro infaticabile operato dall’eterogenea solidarietà internazionale per rompere la cappa di silenzio in cui il caso di Alfredo si trovava. Solo dopo un mese dall’inizio dello sciopero della fame, e l’iniziativa dei pochi che hanno preso posizione, il suo caso ha aperto una breccia nella discussione pubblica: da quella feritoia, che si è man mano aperta, si è sviluppata una critica radicale al sistema carcerario punitivo italiano, tra i peggiori a livello europeo, e ai metodi di vendetta nei confronti dei prigionieri rivoluzionari. Per la prima volta è stata messa in discussione la barbarie del 41bis, fin a quel momento invisibilizzata sotto il terrore della mafia.

Arriva ora una delle tante operazioni repressive dello stato: si isola un episodio, si pesca nel mucchio qualcunə per rimestare nelle sua vita privata e dare avvio alla vendetta. Staremo a vedere come finirà: nel frattempo, a testa alta, continueremo a sostenere le ragioni di chi si è battutə e si batte per il cambiamento di questo ordine sociale verso un mondo in sintonia con la natura in cui non ci siano sfruttatə. Il resto prima o poi andrà discusso: la sproporzione, spiccata nella digos di Trieste, tra modalità di investigazione, sorveglianza e arbitrio poliziesco di fronte ai reati contestati; la cappa oppressiva che cerca di togliere l’aria; l’urgenza di riorganizzare tutte le battaglie che questo mondo aspetta. (Ricordiamo che, pare sotto diretta regia da Trieste, la settimana scorsa è avvenuto anche questo).

Approfittiamo intanto di questa visita per ribadire la nostra solidarietà alla lotta intrapresa da Alfredo Cospito (ancora rinchiuso al 41bis, in attesa delle ridefinizione della pena per il processo Scripta Manent) e far risuonare ancora le nostre parole contro la tortura di stato e la persecuzione dei e delle militanti rivoluzionarə .

Una volta di più FUORI ALFREDO DAL 41BIS! Dalla parte di chi lotta!

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Alfredo Cospito e la vittoria

“Io sottoscritto Alfredo Cospito comunico di voler sospendere lo sciopero della fame”. Con questo schietto messaggio, scritto su un modello prestampato apposito per le comunicazioni fra detenuti e magistrati, il militante anarchico comunicava mercoledì scorso al Tribunale di Sorveglianza di Milano la sua decisione di tornare a mangiare. Dall’Ospedale San Paolo di Milano, Cospito finiva così 181 giorni in cui ha messo a vero rischio il proprio corpo — unico strumento a sua disposizione nell’isolamento in cui è costretto a vivere — per la lotta contro il 41bis e l’ergastolo ostativo.

Il giorno precedente, la Corte Costituzionale dichiarava l’incostituzionalità della norma applicata alla sua condanna, che impediva il riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti relative ai fatti contestati (due pacchi bomba a basso potenziale messi davanti alla caserma allievi carabinieri di Fossano che non hanno determinato morti, feriti o danni gravi), sulla cosiddetta recidiva reiterata. Finora, questa norma stabiliva l’automatica applicazione dell’ergastolo ostativo, che impediva a sua volta il riconoscimento dei benefici penitenziari — semilibertà, liberazione condizionale, permessi premio, ecc. — a* detenut* che non “collaborano con la giustizia”.

In altre parole, la Consulta ha fatto cadere la regola che ha consentito ai giudici di murare a vita Alfredo in carcere (e, con lui, chiunque altr* condannat* per gli stessi reati), senza consentire un eventuale sconto di pena basato sulla valutazione degli effetti concreti dei fatti attribuitigli.

Alfredo continuerà per ora ad essere rinchiuso nel 41bis, ma la scintilla della sua lotta ha prodotto questo significativo risultato, che porterà non solo alla revisione del suo processo, ma anche ad evitare che altr* possano subire la stessa sua sorte. Un risultato che, come ha detto qualcuna, “non è certamente una ‘vittoria’ dello stato di diritto o un ‘ritorno’ ai princìpi della costituzione, bensì un risultato conseguito dallo sciopero della fame e dal movimento di solidarietà internazionale sviluppatosi nell’arco degli ultimi 11 mesi”.

La vittoria non è un assoluto, ma una tappa che ogni tanto si riesce a percorrere lungo la strada. E oggi, nonostante tutto l’orrore che circonda questa vicenda, non possiamo non sentire un briciolo di gioia per questo obiettivo raggiunto.
Gioia perché la lotta paga, anche quando logora chi la porta avanti, come Alfredo, che forse non recupererà mai la sua capacità deambulatoria, causa i danni che la fame ha inflitto al suo sistema nervoso periferico.
La lotta paga e, talvolta, come oggi, riesce a superare la forza di una repressione di Stato sempre più pervasiva, di cui le condanne a rimanere “sepolti in vita” come certi apparati dello stato hanno provato a fare con Alfredo sono solo la punta della piramide. Nei livelli sottostanti si trovano il carcere “normale”, le infinite multe (sempre più care per questioni sempre più banali), i dispositivi legali “preventivi” (fogli di via, daspo, sorveglianza speciale), gli sgomberi degli spazi liberati, i divieti di manifestare, la censura nelle pubblicazioni, la militarizzazione dello spazio pubblico.
Alfredo Cospito, come tante altre prima, ci ha insegnato che tutto questo non rende impossibile lottare per ciò in cui si crede, che è ancora possibile scatenare ondate di solidarietà in modo trasversale, che l‘autoritarismo dello Stato, con tutta la sua potenza, non è onnipotente.
Quindi ringraziamo profondamente Alfredo, e tutte e tutti coloro che ogni giorno, anche lontano dai riflettori, si spendono, senza perdere la gioia di vivere, per generare mondi migliori dentro questo mondo di merda. Grazie.
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Appunti su tortura e carcere in Italia

Condividiamo di seguito un testo scritto dall’Assemblea cittadina milanese contro il 41 bis e l’ergastolo in ocasione della chiamata di un presidio lo scorso 15 aprile davanti al carcere di Opera, “con un desiderio di vita per tutte e tutti che [guiderà] la nostra coscienza, lottando per un mondo che non ha bisogno di guerre, che non ammette sfruttati, che non trascura le sofferenze”.

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A fine marzo 2023, il Comitato Europeo per la prevenzione della tortura ha pubblicato un rapporto sull’Italia dopo aver visitato anche alcune carceri in cui denuncia il sovraffollamento degli istituti (114%). Contemporaneamente l’associazione Antigone ricorda che “attualmente in Italia ci sono oltre 200 persone tra agenti, operatori e funzionari indagati, imputati o condannati per violenze e torture”. La relazione del Garante nazionale dei detenuti sul 41bis scrive che delle 740 persone detenute con questo regime 321 hanno più di 60 anni e 87 hanno più di 70 anni, nell’ultimo anno una decina di persone è morta in carcere, al 41bis.

Dati a cui va aggiunto il conto dei pestaggi, degli abusi e delle violenze compiute dalle forze dell’ordine nelle carceri italiane, che hanno causato 14 morti e centinaia di feriti nella primavera del 2020 e l’altissimo numero di suicidi che in questi ultimi anni stanno accadendo fra le mura: nel 2022 il numero è di 84 detenuti morti suicidi; in tutto il 2020 erano stati 58. L’inclemenza dei numeri restituisce l’immagine di un paese in cui il ricorso alle pene detentive è pratica di governo e motore di consenso. La popolazione carceraria invecchia, a causa di recidive e lunghe detenzioni, ma non mancano i giovani, condannati per reati di lieve entità, immigrati messi all’angolo dalle leggi sulla “clandestinità” che non vogliono, o semplicemente non possono, accettare il ricatto del lavoro sottopagato.

Nel frattempo, la crisi galoppa e l’inflazione riduce i già miseri salari; il conflitto Russia-Ucraina sposta risorse economiche al settore bellico e ripropone un modello di rappresentazione della realtà dicotomico già ampiamente praticato durante la pandemia: o sei con le scelte dello Stato (dei suoi governi) o sei un nemico, mettendo in ombra, come secondarie, tutte le contraddizioni reali che costituiscono il vissuto delle persone.

Il 20 ottobre 2022, Alfredo Cospito, iniziando uno sciopero della fame, individuale e ad oltranza, contro la durezza del regime carcerario a cui è sottoposto, facendone una battaglia per tutti quelli che come lui vi sono sottoposti, apre uno squarcio in questo quadro grigio.

La risposta immediata dei compagni e compagne più vicini ha innescato un importante interesse più generale sul tema. Azioni, presidi, manifestazioni, assemblee e convegni si sono moltiplicate sotto la parola d’ordine “a fianco di Alfredo, contro il 41bis, e l’ergastolo e la sua ostatività”.

Con la sua lotta, Alfredo pone delle questioni generali importanti che sorprendono e non lasciano indifferenti neanche quei settori della cosiddetta “società civile” che si rifanno ad una mutevole concezione dello Stato di Diritto, dell’equilibrio della pena, dei princìpi Costituzionali. La lotta di Alfredo li chiama ad esprimersi, a far uscire dai circuiti specialistici dubbi e certezze.

Così, mentre il governo e parte dell’apparato mediatico cercano di contenere la questione relegandola ad un conflitto tra “la galassia anarchica” (sic!) e lo Stato, lo squarcio aperto da Alfredo si allarga e una gran quantità di galassie mostrano l’immagine di un sistema di governo penale che oppone il carcere alle contraddizioni sociali che non vuole o non sa risolvere.

Per inciso – e per pura coincidenza temporale – questo svelamento trova supporto nell’esito delle due vicende che hanno coinvolto Italia e Francia, l’operazione Ombre Rosse, in cui l’Italia chiedeva a distanza di 40 anni l’estradizione di 10 esuli rifugiatisi in Francia negli anni ‘80, e la richiesta di arresto europeo nei confronti di Vincenzo Vecchi, condannato per il reato del codice fascista di “devastazione e saccheggio” per i fatti di Genova 2001.

Ma il lupo perde il pelo ma non il vizio e mentre Alfredo conduce la sua battaglia per l’abolizione del 41bis e dell’ergastolo ostativo, mentre una tanto diffusa quanto eterogenea solidarietà internazionale lo sostiene ed affianca nella denuncia di queste pratiche di vera e propria tortura, il governo risponde con una serie di provvedimenti che mirano ad un incremento degli ambiti della sfera penale.

Ricordiamo che l’attuale governo ha esordito con una norma sfornata in gran fretta contro i “ravers”, facilmente applicabile a raduni e, perché no, a manifestazioni di dissenso di vario genere. Poi ha cercato consensi invocando carcere per i cosiddetti scafisti, il carcere per le borseggiatrici e i loro bambini, il carcere per gli occupanti di case, legifera pene fino a 3 anni per gli attivisti ambientali e, come ultime in ordine di tempo, le proposte di cancellazione o “ridefinizione” del
reato di tortura (per permettere alle forze dell’ordine di fare il loro lavoro) e all’assunzione di nuovo personale di polizia.

In una fase in cui la crisi economica internazionale manda in tilt il ciclo di produzione e consumo, allargando le fasce di povertà, la risposta del sistema, in difesa di se stesso e dei pochi potentati economico/finanziari di cui è espressione e strumento, è una invocazione emergenziale alla guerra: guerra ai virus, guerra negli scenari internazionali, guerra ai miserabili, meglio se immigrati e neri, vittime di risulta di una macchina sociale che non funziona. Guerra ai dannati della terra. E si sa, ogni guerra ha le sue armi, che siano manipolazioni genetiche, droni e missili sofisticati, leggi speciali e/o carceri ancora più dure.

È una cultura di guerra e di dominio che si diffonde nelle scuole, con l’orrendo connubio del ministero dell’Istruzione con quello della Difesa per condire di militarismo l’educazione dei più
giovani. È la guerra che attraversa il mondo del lavoro con il costante succedersi di vittime ed “incidenti” causati da incuria e brama di profitto, dove gli operai vengono denunciati perché scioperando rallentano la produzione, ed è guerra che atterra sulla società diffusa punendo il dissenso, la sofferenza, il disagio, il bisogno.

Hai rubato e sei povero? Ti viene tolto il sussidio. Sei malato e non puoi pagare? Aspetta. Manifesti davanti al posto di lavoro? Sarai denunciato per aver danneggiato il ciclo produttivo. Occupi una
casa popolare vuota e destinata a restare tale? Sei colpevole di “associazione a delinquere” e così via.

Altro è lo spirito che guida la nostra lotta. È con un desiderio di vita che Alfredo ha iniziato ormai sei mesi fa, il 20 ottobre 2022, lo sciopero della fame e un fortissimo attaccamento alla vita lo ha accompagnato fino ad ora: “Non è vita in 41bis”, scriveva.

È con un desiderio di vita, di una vita vera a migliore, che andremo davanti al carcere di Opera per lanciare un messaggio a chi, recluso, attende la risposta alle sue domande, aspetta per le cure mediche, per i libri, la corrispondenza, a chi non può dare un senso all’esistenza e cerca la libertà. E sarà con un desiderio di vita per tutte e tutti che guideremo la nostra coscienza lottando per un mondo che non ha bisogno di guerre, che non ammette sfruttati, che non trascura le sofferenze.

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Respinto dalla Cassazione il ricorso di Alfredo Cospito

La Cassazione ha respinto il ricorso dell’avvocato di Alfredo Cospito.

Resterà al 41bis.

Condannato a morte da uno stato assassino!

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[16/02] In piazza con Alfredo e contro il 41bis

GIOVEDÌ 16 FEBBRAIO // ORE 17 // LARGO BARRIERA

Scriviamo queste righe nell’urgenza, nella rabbia e nell’angoscia dell’attuale situazione invitando ad una presenza massiccia.

Come saprete, Alfredo Cospito si trova attualmente all’interno di una cella di 41 bis costruita nell’ospedale San Paolo di Milano, restando “murato vivo in quel sarcofago di cemento” e rischiando un collasso in ogni momento. La sua lotta continua contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo, come la nostra in suo supporto. Terminerebbe lo sciopero della fame se venisse declassato.

I media hanno sviluppato, nelle ultime settimane, una narrazione indegna, cercando di annientare la potenza di questa battaglia, del supporto solidale e del dibattito pubblico che si è sviluppato attraverso una grottesca barzelletta di governo, una strategia della tensione già vista, e un’assimilazione tra Alfredo Cospito e la mafia.

Rimbalzandosi le responsabilità tra istituzioni stanno portando Alfredo Cospito alla morte.

Pensiamo che il 41bis e l’ergastolo ostativo vadano aboliti e che non vogliamo vivere in un paese che fa morire un prigioniero politico in sciopero della fame. Pensiamo che i cambiamenti nella società hanno un tempismo delicato, ci sono momenti in cui posticipare non è neutro, è assecondare. Ci sono momenti in cui non fare niente ha conseguenze storiche maggiori di altri. La partita si sta giocando ora, scendiamo in piazza giovedì.

Vieni e diffondi!
Fuori Alfredo dal 41 bis!
(Per chi fosse interessata/o qui si può ascoltare la diretta della conferenza stampa dell’avvocato Flavio Rossi Albertini e di Luigi Manconi di venerdì scorso: https://www.facebook.com/watch/live/?ref=watch_permalink&v=1148837679153540)
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Noi, Alfredo e il minimo che andava fatto

Ci sono situazioni in cui il precipitare degli eventi rende tutto estremamente chiaro, senza bisogno di interpretazioni: i 100 giorni di sciopero della fame di Alfredo Cospito sono una di queste. Non c’è tempo per i giri di parole, i mille compromessi, le opportunità.
Abbiamo quindi agito animatə dall’urgenza e della rabbia, siamo scesə in corteo e ci siamo presə qualche metro in più, convintə che ora o si fa un passo oltre o si rimane schiacciatə. Ce lo insegna Alfredo, con la forza e la determinazione di chi mette in gioco tutto quello che gli resta per lottare contro gli abomini del 41 bis e dell’ergastolo ostativo.
Agiamo non per gioco o compromessi, ma proporzionalmente alla gravità della situazione, senza farci spaventare da qualche limitazione questurina e dai loro dispositivi di sicurezza. E anche su questo qualcosa bisognerà dirlo: perché negli ultimi anni, anche a seguito delle mobilitazioni no green pass, le prescrizioni in questa città sono sempre più assurde e restrittive, con motivazioni ormai sempre più pretestuose (ad esempio lo shopping…), impedendo di fatto di portare idee e voci differenti nel centro-vetrina del decoro e del turismo.

Abbiamo quindi bloccato la città e siamo andatə oltre, perché un uomo è murato vivo nelle gabbie medievali dello stato. Abbiamo salutato i detenuti del carcere, perché sappiamo quanto siano vergognose le condizioni di vita nelle galere. Abbiamo urlato per il centro sonnecchiante perché tutti devono sapere e nessuno possa dire, dopo, che non c’era niente da fare.

Abbiamo fatto quel che andava fatto e continueremo a farlo.

Alla persecuzione dello stato, alla sua repressione, alle limitazioni della libertà di manifestare, rispondiamo colpo su colpo. Per l’abolizione dell’ergastolo ostativo e del 41bis!

FUORI SUBITO ALFREDO DAL 41BIS

Alcune compagne e compagni

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Morire di pena, piattaforma per l’abolizione di ergastolo e 41bis

Abbiamo sottoscritto la piattaforma “Morire di pena, piattaforma per l’abolizione di ergastolo e 41bis”, una campagna di sensibilizzazione e rivendicazione che punta all’abolizione di questi due istituti e dei circuiti speciali di detenzione. Vi invitiamo a leggerla e a condividerla: https://abolizioneergastoloe41bis.wordpress.com/…/arti…/
Vi ricordiamo anche l’appuntamento di questo sabato 28 gennaio: un corteo con partenza alle 15 in Campo San Giacomo in solidarietà con la lotta di Alfredo Cospito, che oggi si trova al 99esimo giorno di sciopero della fame.
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[28/01] Corteo – Fuori Alfredo dal 41bis!

28 GENNAIO ORE 15.00
PARTENZA CAMPO SAN GIACOMO (TRIESTE)

Alfredo ha ormai superato i 90 giorni di sciopero della fame. Lotta per tutte e tutti noi contro gli abomini giudiziari del 41 bis e dell’ergastolo ostativo, sempre più usati per reprimere il dissenso politico. Da maggio 2022 è stato infatti murato vivo nel carcere di Bancali, senza poter vedere un ciuffo d’erba, un cielo senza sbarre o avere alcun tipo di comunicazione con l’esterno. E’ la ferocia vendetta di uno stato che, dichiarandosi democratico e civile, usa tutta la sua violenza istituzionale per reprimere chi non ha mai abbassato la testa, i suoi nemici giurati.
Tortura è sempre tortura: carcere duro, ergastolo senza fine o benefici, regimi differenziati, stragi nelle carceri (come accaduto durante le misure sanitarie d’emergenza, con 14 detenuti ammazzati) – qualunque sia la retorica che li giustifica – rimangono delle pratiche indegne, da fermare immediatamente. La loro funzione, come per tutte le disposizioni emergenziali di cui abbiamo subito le conseguenze anche negli ultimi anni, è rendere la barbarie una pratica permanente, accettata per paura o convenienza. Con la cosiddetta “lotta al terrorismo”, da ormai decenni, una scure repressiva è stata calata sulla società: sorveglianza, inasprimento delle pene, fino alla punta più avanzata, i regime carcerari.

Grazie ad Alfredo si è aperta una crepa, guardiamoci oltre! E’ il momento di prendere posizione, sostenere chi lotta con l’unica arma che gli rimane – il suo corpo – decidendo di dedicare la sua vita alla denuncia di questi trattamenti.

No 41bis, No tortura!
Per l’abolizione dell’ergastolo ostativo e dell’emergenzialismo penitenziario!

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[20/01] Fuori Alfredo dal 41bis – Proiezione e assemblea aperta

VENERDÌ 20 GENNAIO / ORE 18.00
BAR LIBRERIA KNULP

Alfredo Cospito, rinchiuso al 41 BIS nel carcere di Bancali, è un anarchico che si trova attualmente recluso perché accusato, con Anna Beniamino, di un attentato in cui furono posizionati due ordigni a basso potenziale (polvere dei fuochi d’artificio) davanti ad una scuola dei Carabinieri. L’attentato avvenne nella notte in un luogo isolato, non causò né morti né feriti ma fu classificato come strage semplice, in un processo con poche e strane prove. Durante la detenzione Alfredo ha continuato a contribuire pubblicamente al dibattito anarchico internazionale con scritti e libri. Per farlo tacere, o forse per cieca vendetta, nel 2022 lo Stato intraprende due strade: il 4 maggio la ministra Cartabia firma un decreto di applicazione del regime del 41 bis per Cospito, la ragione è la sua attività scritta dal carcere, applicando per la prima volta tale regime non per prevenire relazioni segrete e pizzini ma per reprimere la diffusione pubblica di idee. La seconda avviene il 6 luglio con una raffinata forzatura giuridica in cui la Cassazione riqualifica l’attentato come strage contro la sicurezza dello stato, punibile con l’ergastolo ostativo. Tale condanna è una delle più gravi dell’ordinamento giuridico e non fu comminata nemmeno per le stragi di Piazza Fontana o di Falcone e Borsellino, dove diverse tonnellate di tritolo fecero saltare autostrade e piazze e dove morirono due giudici, le loro scorte e molte persone.

Ma Alfredo, che non è mafioso ma anarchico, davanti alle ingiustizie e ai soprusi risponde. E dall’orrore in cui lo seppelliscono, trae forza per contrattaccare, non per un tornaconto personale, ma per un miglioramento delle condizioni di tutti e tutte. Con l’unica arma che gli rimane a disposizione, il corpo, dal 20 ottobre Alfredo Cospito inizia uno sciopero della fame per l’abolizione del 41 bis e dell’ergastolo ostativo, i “due abomini repressivi dello Stato Italiano”. Dopo più di ottanta giorni di digiuno sta rischiando la vita. Il tribunale di Roma, a dicembre, ha confermato la sua permanenza in questo regime di tortura. Il suo sciopero della fame continua ad oltranza.

Di fronte al silenzio istituzionale e alle manovre più o meno esplicite per depistare, una volta di più, le ragioni di una battaglia di giustizia e libertà (che per la prima volta emerge con questa forza nei confronti delle torture del 41 bis e dell’ergastolo ostativo) non possiamo che prendere parola, mobilitarci e rompere la cortina fumogena che cala su queste questioni.

Questa lotta riguarda tutti e tutte: anche fuori dalle prigioni diamone voce e visibilità!

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In città contro il 41bis e l’ergastolo ostativo

Anche oggi abbiamo fatto un giro in città per ricordare che una persona è in sciopero della fame da 79 giorni contro il regime del 41 bis, in cui è stata confinata dallo stato (ministero della giustizia, Direzione nazionale antimafia e terrorismo, tribunale di sorveglianza) per pura vendetta. Nel silenzio generale c’è chi rischia la propria pelle per battersi contro la tortura, per rompere le mura di silenzio di questo dispositivo infame. Alfredo Cospito, militante anarchico, sta lottando per tutti/e noi, contro la tortura di stato, l’ergastolo ostativo e il 41 bis. Il minimo che possiamo fare è raccontare la sua lotta e diffondere le iniziative di solidarietà.

Contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo!
Al fianco di Alfredo e di tutti i militanti rivoluzionari!