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[22/10] Incontro pubblico sulle grandi navi

Negli ultimi anni a Trieste si parla con sempre maggior insistenza di grandi progetti di sviluppo, opere faraoniche che dovrebbero “(ri)lanciare l’economia”, in particolare il porto, aumentandone la capacità recettiva ed il turismo di massa, già in evidente e rapida crescita. Le trasformazioni strutturali necessarie per quel rilancio ci portano però a seguire un modello di sviluppo della città insostenibile, sia dal punto di vista ambientale che socio-economico; basato unicamente sulla creazione di profitto per poche aziende (e per i loro dirigenti) a discapito delle persone che abitano la città.

È sotto gli occhi di tutti e tutte l’impatto delle navi crociera: dal centro costantemente invaso di pullman e turisti/e alle nubi nere che si lasciano dietro quando ripartono. Non contento, l’estate scorsa il sindaco Dipiazza dichiarò di voler costruire infrastrutture per far attraccare fino a 8 navi passeggeri allo stesso tempo. Un disastro non solo ambientale e sanitario – una sola di queste navi inquina di più di tutte le auto in città, per cui le conseguenze sulla salute delle persone non si faranno attendere -, ma anche a livello sociale, dato che tale business porta quasi solo lavoro precario e perdita di territorio. Si pensi al lungomare triestino, ormai non più fruibile a chi vive città per permettere ai passeggeri delle crociere di prendere i pullman, ma anche al tipo di negozi che apriranno: di lusso, di souvenir e fast food, decisamente non necessità di chi la città la abita. Per non parlare dell’ovovia il cui obiettivo non detto è quello di trasportare queste migliaia di turisti/e in Carso e poi a Venezia con la scusa di non intasare la strada Costiera, ma disboscando e sventrando il bosco Bovedo nel processo.

Gli esempi di città che si stanno ribellando a questo modello di turismo mordi e fuggi sono molti, così come i Comuni che hanno iniziato a limitare il numero di navi da crociera viste le conseguenze nefaste: Venezia, Barcellona, Maiorca, etc. (vedi qui e qui).

Ma al Comune di Trieste non basta. Oltre al voler rendere il centro una mera attrazione turistica, si propone anche di espandere la portata del porto. Il 4 settembre è stata inaugurata qui da noi la MSC Nicola Mastro, una delle navi portacontainer più grandi che abbia mai attraccato nei porti italiani. E proprio per poter accogliere queste navi sempre più giganti verrà allungata una banchina di 100 metri e saranno comprate gru più moderne e di dimensioni maggiori. Il porto è sempre stato centrale a Trieste, ma il suo sviluppo non deve dipendere necessariamente da un suo potenziamento a dismisura, incurante degli enormi danni ambientali che comporta, e del generale peggioramento delle condizioni lavorative. Si pensi solo che la MSC è considerata dai suoi impiegati come una delle peggiori compagnie dove lavorare: abbandonarla è però difficile, visto che è una delle più potenti compagnie di trasporti marittimi.

Ci opponiamo a questo modello di sviluppo: basato sull’accumulazione di ricchezza di un ristretto gruppo di uomini d’affari che lucrano sullo sfruttamento del lavoro e la distruzione dell’ambiente. Un’altra via è possibile, una società più giusta e rispettosa, dove non vengano perseguiti i profitti privati ad ogni costo, ma difesi gli interessi collettivi.

All’aumento della capacità del porto non consegue necessariamente maggiore benessere e lavoro per chi abita la città; all’aumento a dismisura del turismo mordi e fuggi non segue un arricchimento della città né lo sbandierato aumento dell’occupazione.

Piuttosto dovremmo fermarci a riflettere su quali siano i bisogni di persone ed ambiente, costruendo un sistema che lavori a livello locale, diminuendo tutte le attività inquinanti e superando lo sfruttamento del lavoro. Ne va della nostra salute.

APRIRANNO IL DIBATTITO:
· Elena Gerebizza (Re:Common – inchiesta La Galassia MSC)
· Martin Valinger (Università di Lubiana – relazione tra città e i porti di Trieste, Koper e Rijeka)