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[06/07] Rebel with a cause: concerto benefit! [con Trieste Hardcore]

Trieste Hardcore e Burjana presentano

REBEL WITH A CAUSE: CONCERTO BENEFIT

A distanza di un anno dall’ultimo concerto benefit, portiamo di nuovo in piazza musica e solidarietà.

Questa volta, i processi repressivi (e le corrispondenti spese legali) riguardano ben otto antifascistx,
variamente imputatx e in sostanza presx a capro espiatorio per la giornata del 25 aprile 2023.

Dopo anni di immobilismo e agonizzante ritualità istituzionale, l’anno scorso un centinaio di persone diede vita a un corteo antifascista che voleva tenere assieme il ricordo della memoria partigiana con una pratica di lotta quotidiana nel presente. Si è voluto ricordare quello che fu il nazifascismo — storicamente inteso — in questa città, assieme alla sua eredità odierna, fatta di partiti di governo e sigle “movimentiste” che nel concreto agiscono come braccia di quei partiti nelle strade.

Sfidando ogni senso del ridicolo e della dignità, la Questura triestina cercò di impedire che il corteo antifascista sfilasse proprio il 25 aprile. Grazie alla generosità di compagne e compagni, nonostante i divieti, il corteo ci fu, ma proprio a ridosso della Risiera, luogo simbolo dei crimini del nazifascismo a Trieste, un contingente di celere bloccò la strada alle antifasciste. Al corteo fu impedito di proseguire a colpi di manganello finché i vari Dipiazza, Fedriga e compagnia cantante, ipocritamente presenti in una giornata che dovrebbe cacciarli a calci, non furono “al sicuro” nelle loro auto blu.

Un anno dopo, otto persone vengono nuovamente trascinate in tribunale con le accuse più varie e siamo curiosx di leggere i verbali di polizia di quella giornata. Quello che sappiamo è che cercare di ridurre il 25 aprile e tutto il suo portato storico, culturale e politico all’ennesima questione di “ordine pubblico” sarà una tesi quantomeno controversa e dura da portare avanti.

Tutto ciò tuttavia segna l’ennesimo capitolo nella storia recente della repressione nella nostra città, una saga degna della miglior tradizione fantasy, ma che purtroppo oltre a colpire fin troppo realmente la vita delle persone, le costringe a un costante sperpero di tempo, energie e denaro.

Oltre al processo per il 25 aprile 2023 — che avrà inizio il 3 luglio —, al momento una ventina di processi sono in piedi contro compagne e compagni, e numerose indagini sono attualmente in corso. Oltre a ciò, le questure della regione si stanno cimentando nell’utilizzo sempre più fantasioso di vecchi strumenti fascisti, comminando a numerose compagne fogli di via e avvisi orali.

Da qui l’esigenza di fare di nuovo rete per raccogliere i soldi per chi, con altrettanta generosità di chi lotta in strada, ci difende poi davanti a giudici e corti penali.


Apertura bar e banchetti ore 19
Inizio concerti ore 20:30

Saranno con noi:
Colpisci dove più nuoce
Liz Pegris
No So Far
Corpi Contundenti

A seguire dj set TBA

🔥Nessuna verrà lasciata sola!🔥

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[25/06] Burjana Outdoor – Intifada studentesca!

L’assemblea per la Palestina si è accampata per 21 giorni in piazzale Europa sotto il rettorato, chiedendo la recissione degli accordi dell’università di Trieste con Israele e Leonardo spa.

La risposta del rettore e del senato accademico invece continua a sfruttare la retorica della pace e della non violenza rifiutando un confronto. Il dossier scritto dall’assemblea per la Palestina e GPI invece spiega che UNITS con le sue partnership finanzia il genocidio del popolo palestinese e le fabbriche di morte.

Ci vediamo martedì 25 in campo San Giacomo per presentare il dossier!

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[22/06] Presentazione del numero unico “La tempesta – L’imprevisto palestinese nella guerra mondiale”

Sabato 22 giugno, ore 10:30, Campo San Giacomo (Trieste)

Sta per scatenarsi un temporale. Da un cielo carico di nubi, saturo di umidità, scaturisce all’improvviso il bagliore di un lampo. Il 7 ottobre 2023, con l’Operazione “Diluvio di Al Aqsa”, fallisce il progetto di sorveglianza di massa dello Stato israeliano rivolto a “subumanx” palestinesi della Striscia di Gaza. La rivolta contro il colonialismo d’insediamento e l’ attacco all’oppressione imperialista ci sovviene imprevista e caotica come una tempesta.

“La fecondità dell’imprevisto supera di gran lunga la prudenza dell’uomo di Stato” J. Proudhon

L’imprevisto palestinese ha dimostrato che anche lo Stato più potente e militarizzato ha delle falle e può essere messo in crisi, infondendo così sentimenti di rivolta e riscatto in milioni di proletarx in tutto il mondo. Il sistema-Israele è il paradigma di una tendenza globale. Sulle vite e sui territori palestinesi si sperimentano armi, tecnologie, architetture della sorveglianza e tecniche di ingegneria sociale, che poi vengono vendute agli Stati, agli eserciti, ai burocrati del mondo intero. Siamo convintx che il livello di sofisticazione degli apparati tecnologici abbia superato una soglia oltre alla quale qualsiasi orizzonte di liberazione è impossibile: facciamo caso, ad esempio, a come l’avanzata dell’automazione e della robotica nel campo industriale e manifatturiero tolgano la base d’appoggio alle capacità di autorganizzarsi da parte di sfruttatx. Nella violenza propria dell’apparato tecnologico è insito un supplemento di comando che sopravanza le dinamiche di accumulazione capitalistica.

La guerra avanza ovunque: in maniera multiforme estende i suoi tentacoli come estremo tentativo di ristabilire l’ordine imperiale, governare la spartizione delle risorse del mondo, imporre il controllo delle popolazioni. È la guerra violenta di posizioni e trincee – dove in ballo, oltre alla fabbricazione di armamenti, c’è il continuo arruolamento di merce umana per il fronte – che accade in Ucraina, dove si scontrano sempre più platealmente le superpotenze NATO e Russa. È la brutale aggressione genocida in Palestina, del colonialismo israeliano sostenuto dal fronte occidentale. È l’insieme degli altri fronti di guerra, dei conflitti civili, delle missioni militari disseminate ovunque nel mondo, dei laboratori e delle fabbriche di morte sempre più radicate nei nostri ambienti di vita. L’ambito civile e quello bellico si mostrano sempre più esplicitamente come facce della stessa medaglia, non c’è nessuna dicotomia alla base del dual use, perché le relazioni della classe sociale accademica, industriale, governativa, sono inestricabili al punto che è impossibile distinguere il confine tra università, industria e politiche di difesa (citiamo a titolo di esempio il recente accordo di collaborazione tra RFI e Leonardo per la Military Mobility). Ma è anche la guerra verso il nemico interno, la repressione contro le eccedenze umane, immigratx, compagnx, ribelli, renitenti.

L’imprevisto palestinese ci dà forza, ci mostra, nella tenacia di un popolo, anche di fronte all’orrore più vivido, ai limiti dell’annientamento, tutta la possibilità di resistenza,sabotaggio, diserzione. Siamo sempre più convintx che l’unica forza che può fermare la guerra è la mobilitazione di sfruttatx in tutto il mondo, una pratica di disfattismo che consiste nella critica di ogni governo a partire dal “nostro”, l’attacco a tutti i padroni a partire da quelli che ci sfruttano ogni giorno.

Per questo presentiamo il numero unico La Tempesta – L’imprevisto palestinese nella guerra globale, un documento prodotto da compagnx antimilitaristx provenienti da varie parti d’Italia che si si sono incontrate a partire dalla scorsa estate per promuovere una mobilitazione internazionalista contro la guerra in Ucraina.

Assemblea Sabotiamo la guerra– Friuli e Trieste blocchiamolaguerra@anche.no

Burjana laburjana@riseup.net

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[18/06] Burjana Outdoor – Poesie + Dj set by TSHC

Quando i discorsi sono avvincenti, possono diventare romanzi.
I pensieri, invece, quando sono inquadrati si possono trasformare in poesie.
E poi, ci sono i soliloqui, le parole che non dici a nessuno se non a te stesso.

Alla Burjana Outdoor di Martedì non avremo romanzi, ma poesie antipoetiche e pensieri disforici!

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[11/06] Burjana Outdoor – Verso la Smarza Pride!

Martedì prossimo sarà la prima Burjana Outdoor dell’anno!

E non potevamo che iniziare con un Martedì Queer verso la Smarza Pride di Sabato 15 Giugno!
Prepareremo striscioni e cartelloni per la Pride, staremo assieme e ascolteremo musica favolosa rigorosamente proposta dalle nostre Smarze preferite!

Non mancheranno poi ovviamente le solite ciclofficina, spazio bimbi, distribuzione di materiale informativo e bar popolare!

A martedì!

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[01/06] Crociere: né qui né altrove!

1 giugno / ore 11.00 / statue dei bersaglieri (fra il Molo e la s. Marittima)

Sabato primo giugno alle 11.00 ci troveremo presso le statue dei bersaglieri, fra il molo Audace e la stazione Marittima, per informare e denunciare i danni – senza ritorni positivi – che le crociere recano alla nostra città. Lo facciamo nell’ambito di una giornata di mobilitazione promossa dall’European Cruise Activist Network (Ecan) che tiene insieme i collettivi di diverse città come Barcellona, Marsiglia, Kiel, Rotterdam, Venezia e Livorno e che punta a evidenziare che quello delle navi da crociera è un problema comune. Nessuna città può salvarsi da sola.

Il manifesto sottoscritto dai membri della rete nel 2023 a Barcellona ha una netta conclusione: il settore crocieristico deve andare incontro alla riduzione delle sue dimensioni fino alla sua scomparsa, visto che non è possibile ridurre l’impatto di navi così grandi, che hanno sempre bisogno di energia, sconvolgono fondali (come quelli del golfo di Trieste) e producono molti rifiuti, per citare solo tre aspetti critici.

Fino a pochi anni fa Trieste sembrava fuori dalle rotte crocieristiche principali. Ora però, complice anche la riduzione del traffico diretto a Venezia, la nostra città sta scalando la classifica dei porti più frequentati in Europa da questo genere di navi (per il 2024 sono in programma circa 150 toccate). È sempre più abituale vedere da piazza Unità o dalle Rive le enormi sagome delle navi da crociera che portano con sé anche l’occupazione di una parte della strada per permettere lo sbarco e l’imbarco delle persone. Insieme alla nave arriva anche un comignolo sempre in funzione che rilascia nell’aria inquinanti che nuociono a tutta la città.

La giunta Dipiazza sostiene che il nuovo modello di sviluppo cittadino non può fare a meno del turismo di massa e delle navi da crociera. Sappiamo già cosa comporta tutto questo perché abbiamo ne visto i risultati altrove: stravolgimento del tessuto commerciale e relazionale nel centro, aumento degli affitti, espulsione dalle zone centrali delle persone più povere, più inquinamento e una città sempre meno a misura di chi ci vive. Si dirà che le navi portano lavoro, ma bisogna chiedersi di che tipo di lavoro stiamo parlando. 

A Monfalcone, dove navi di questo tipo vengono costruite, una selva di imprese lavora per conto di Fincantieri cercando di ridurre il più possibile il costo del lavoro. 

A Trieste, dove le navi attraccano, ci si chiede se il turismo è in grado di sostituire le realtà produttive che hanno chiuso negli ultimi decenni in città.

Non vogliamo rassegnarci a quest’esito e per questo invitiamo tutte le persone interessate a partecipare, portando anche idee e proposte per far crescere la mobilitazione.

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La guerra è ovunque, anche all’Università di Trieste, fermiamola!

A sei mesi di distanza, la storia si ripete a Gaza. Dopo aver chiesto l’impossibile evacuazione di centinaia di migliaia di palestinesi affollati al confine con l’Egitto, l’esercito israeliano ha iniziato ieri l’offensiva a Rafah, ultima città della Striscia ancora “libera” dal controllo sionista. Durante la notte i carri armati hanno attaccato e bombardato centinaia di case. Secondo fonti palestinesi, i primi bombardamenti hanno provocato la morte di 20 persone, di cui 8 minorenni.

In questo contesto veniamo a sapere che nell’ambito di un’imponente esercitazione militare nel Mar Mediterraneo saranno coinvolte anche diverse università italiane.

Tra queste, l’Università di Trieste.

Come sempre più spesso accade, l’esercitazione non riguarderà solo il dispiegamento militare, ma anche operazioni di protezione civile a supporto di popolazioni calamitate: l’intreccio tra ambito civile e militare è sempre più stretto in un nodo mortale ed è, probabilmente, il motivo per cui verranno mobilitate – senza soluzioni di continuità – mezzi, personale e infrastrutture della marina militare, dell’esercito, dei carabinieri, della protezione civile, della croce rossa, degli enti di ricerca e delle università.

Una mobilitazione totale e permanente, in cui è un’intera società a rivolgersi, produrre e armarsi per la guerra, sia sui fronti esterni sia su quello interno (come accaduto già con la gestione militare della pandemia, o nei pattugliamenti dei confini in Carso).

Mentre il genocidio a Gazacontinua, lo fa anche la mobilitazione a sostegno del popolo palestinese, ovunque nel mondo, con un significativo protagonismo delle comunità universitarie, che rivendicano la fine delle collaborazioni con le università israeliane, con l’industria bellica (in Italia particolarmente con l’azienda Leonardo) e con l’Eni, firmataria di un accordo per l’esplorazione di giacimenti di gas di fronte alla costa di Gaza.

I e le student* hanno capito l’importanza delle strette interconnessioni tra accademia ed economia della guerra, e perciò hanno puntato il dito sulla complicità con il regime coloniale e genocida di Israele. In questo contesto, nelle prossime settimane, i Giovani Palestinesi hanno lanciato un’”Intifada delle Università”.

Aggiungiamo questo ulteriore tassello a questa tendenza strutturale alla guerra, perché possa essere smascherata, denunciata, bloccata. La guerra parte da casa nostra, fermiamola!

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[01/05] Primo Maggio – spezzone sociale contro carovita e gentrificazione!

Fine del mondo, fine del mese stessa lotta!

Il primo maggio, giorno simbolo della lotta di lavoratori e lavoratrici per ottenere salari, diritti e condizioni di lavoro migliori è quantomai importante ancora oggi e non come IL giorno di lotta, unico nell’anno in cui scendere in piazza, ma come UN giorno di lotta in cui è semplicemente più facile prendersi le strade.

Viviamo in un mondo in cui crisi energetica globale, conflitti sempre più disumanizzanti e la cieca rincorsa al profitto a ogni costo dominano politica e interresi capitalistici. Chissenefrega del clima, degli esseri viventi e della qualità della vita delle persone. La tutela del Profitto –privato– è oggi più che mai l’unico obbiettivo di governi e amministrazioni: lo vediamo in tutte le riforme, leggi e bonus creati ad-hoc per non intralciare gli interessi di grandi corporation e padroni.

Il Capitale deve crescere, non importa se grazie allo sfruttamento del territorio e delle sue risorse, alla compravendita di armi e morte o allo sfruttamento di lavoratori e lavoratrici.

La flessibilità del lavoro viene sbandierata come desiderabile e competitiva, meglio ancora se abbinata alla disponibilità di lavoratori e lavoratrici a essere sempre contattabili, dispost* a lavorare ore extra (gratis, chiaramente). I salari però restano al palo. Nel frattempo affitti e prezzi salgono ogni anno di più. Secondo i dati dell’IMF il 45% dell’inflazione da inizio 2022 a oggi è causata dall’aumento dei profitti: come al solito la famosa “crisi” significa impoverimento dei popoli per arricchire le tasche di pochi!

Anche nel piccolo della nostra città vediamo come politica e affaristi rincorrano solo il profitto a ogni costo: grandi navi e ovovia sono sbandierati dall’amministrazione comunale come l’un’occasione di ripresa economica della città. Si sceglie di inseguire il turismo di massa e la devastazione ambientale in cambio di impieghi sottopagati, stagionali e precari, mentre proprietari di alberghi, bar e ristoranti si riempiono al solito le tasche sulle nostre schiene. Stage non retribuiti, periodi di prova in nero mai rinnovati, orari di lavoro al limite dello schiavismo si nascondono dietro ogni offerta di lavoro.

Intanto i prezzi nel centro città diventano impossibili: affitti di monolocali o bilocali superano i mille euro, bettole e negozietti chiudono per dare posto a bar e alimentari di lusso a esclusivo uso e consumo dei turisti e di quella minuscola fetta di popolazione che può permetterseli. I rioni periferici sono invece ignorati, l* abitanti inascoltat* e svilit*.

La crisi climatica è causata in massima parte da chi sta seduto nelle stanze del potere e continua a foraggiare il mercato del fossile e quello delle armi, da chi per mettere un pugno di milioni nelle tasche del padrone di turno abbatte boschi, buca montagne e draga i mari, da chi continua a seguire il mito della crescita perenne. Siamo stanchi e stanche di pagare il prezzo della loro avidità, di veder eroso il nostro spazio di vita in città, sempre più schiacciato fuori dai quartieri da turistificare, fuori dai luoghi che devono essere per i ricchi, sempre più cementificato e grigio. Per cercare di farci stare zitti e zitte ci chiedono di tenere giù la testa a lavorare senza lamentarci, mentre la politica si serve della questura oliando e spingendo la macchina della repressione, come solo in anni molto bui ha osato fare in passato.

Il primo maggio saremo anche noi in piazza proprio per riprenderci una giornata di contestazione che è la nostra, dei lavoratori e delle lavoratrici, delle studentesse e dei disoccupati. Vogliamo ribadire chiaramente che c’è bisogno di forza, determinazione e cambiamenti radicali per affrontare le sfide sociali.

Basta cercare di rattoppare un sistema capitalista in crisi perenne, basta cercare di tutelare gli interessi dei ricchi del pianeta, basta politiche che scaricano su* ultim* i fallimenti di un modello economico disastroso. Non sono posizioni pacificatrici nei confronti dei governi che daranno risultati, ma un’opposizione tenace contro ogni prevaricazione.

Ci vediamo il primo maggio, con i sindacati di base e gli altri spezzoni movimentisti della città, ore 9 campo san Giacomo.

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25 aprile: cosa dire (e fare) di fronte all’orrore che ci sta attorno

Alla fine il corteo del 25 Aprile siamo riusciti a farlo. Avevamo chiarito dall’inizio le nostre intenzioni e così è andata: evidentemente qualche ragionamento qualcuno se lo sarà fatto nei locali della questura. Di fronte alle centinaia di persone convenute, e a un certo livello di determinazione e coscienza, qualcosa hanno dovuto concederlo. Possiamo vederla anche al contrario: è sempre possibile strappare qualche metro di strada, o qualche ora di tempo, con la giusta dose di volontà collettiva. Non tutto può essere controllato con lo scudo e il manganello, o qualche pezzo di carta timbrato.
Alla fine anche di questo si tratta nella nostra pratica militante. Rompere i tempi e gli spazi della quotidianità dietro cui si nasconde l’orrore dell’epoca in cui viviamo. Il 25 Aprile, per noi, non poteva che essere questo: mettere un po’ di sabbia nell’ingranaggio della commemorazione che, svuotando il ricordo (e forse dovremmo dire la trasmissione delle pratiche e dei valori) della Resistenza, vorrebbe normalizzare anche il presente. Lo ricordiamo quindi ai cravattari e agli ipocriti, ai poliziotti di ogni epoca e ai commentatori, anche perché gli altri – eredi postfascisti del regime, che siedono tra i banchi del governo – lo sanno già molto bene e ancora commemorano i loro morti (o non se ne accorgono i sarti e le carogne ogni 10 febbraio?): la Resistenza è stata insurrezione popolare, riscatto contro il nazi-fascismo, guerra di liberazione, fatta di boschi, strade e violenza contro gli oppressori; bestemmie, lacrime e sangue.
Qui dalle nostre parti, in particolare. È l’eroica resistenza del TIGR (oggi li metterebbero al 41 bis), degli scioperi operai (Salvini gli farebbe la precettazione) e della lotta (armata) comune, oltre le lingue e le linee di confine, anche contro i collaborazionisti e i profittatori dell’ultima ora, quando ad esempio – a regime caduto – si trattava di recuperare la struttura dello stato fascista in chiave anticomunista.
A chi pensa che – passate diverse decadi – si possa trattare la Resistenza come un fatto risorgimentale e pulito, gestito da buone borghesie e in perfetto ordine democratico, rispondiamo con i fatti, e anche con qualche bombone. Rispondiamo che di quegli anni preferiamo ricordare, e imparare, altro: lo slancio verso la liberazione, le comunità che si sollevano contro gli oppressori, lo spirito fraterno che si instaura tra i e le ribelli.
Belle lezioni, che ci insegnano anche – se solo si superassero le parole con le maiuscole: la Democrazia, i Valori, la Libertà, ad uso e consumo della mistificazione della storia e della realtà – l’importanza di attaccare le strutture del dominio (nazifascista, sia mai che qualcuno pensi ad un’istigazione, quando è solo apologia). Tradotto: le infrastrutture e la logistica dell’economia di guerra (i treni, ad esempio, non ancora ad alta velocità), come anche le sedi dei giornali collaborazionisti, i palazzi del governo, le strutture della repressione, le caserme e ogni altro dispositivo legato all’oppressione.
Cosa credete che attaccassero i partigiani? Sta fregna? 
Come credete che rispondessero quelli attaccati? Urlando alla diserzione, al terrorismo, ai modi scomposti; con le rappresaglie, la militarizzazione, i tribunali speciali e una buona dose di propaganda.
Ecco, ognuna a casa, o in strada, con le proprie letture. Ognuna a casa con le proprie scelte: una perquisa per entrare in Risiera o un corteo determinato, ad esempio. Perché anche su questo qualcosa, prima o poi, andrà detto: com’è che la Risiera, il 25 Aprile, da fatto sociale di memoria e comunità, si è tradotta in una caserma al servizio dei parrucconi? Li si potrà almeno mandare affanculo, o valgono solo le carte bollate in questo tempo che miscela, come solo la banalità del male è in grado di concepire, il pensiero perbenista e le stragi?
Un miscuglio pericoloso, quello tra benpensanti e apologeti di decoro e sicurezza, che apre la porta a nuovi fascismi lasciandogli spazio. Servivano le prove? Nella notte il monumento ai caduti della resistenza al cimitero di Sant’Anna viene imbrattato: “25 Aprile lutto nazionale” si legge scritto sopra la stella rossa e l’elenco dei caduti. Quella mano dice molto di più di quanto ci fanno credere: per chi – ed è una società intera ad andare in quella direzione – sta dalla parte della stretta autoritaria e guerrafondaia del nostro tempo, come può la Resistenza non essere lutto nazionale?
Ad ognuno i suoi lutti, a noi le nostre lotte!
Ma parliamo pure del linguaggio scurrile degli antifa, della macchina della municipale fermata in parcheggio, depistiamo e sviamo il discorso, così che quella scritta scompaia dalla memoria collettiva, non faccia incazzare né sollevi domande o azioni di protesta. 
Perché, alla fine, il cuore della questione è uno. Cosa dire, e quando possibile fare, di fronte all’orrore che ci sta attorno? Al genocidio automatizzato di Gaza, all’imprigionamento sociale, alla normalizzazione delle stragi in mare e lungo la rotta balcanica. Ai cpr, alle carceri. Alla mobilitazione permanente verso la guerra, che ci passa accanto, nelle ferrovie, nei porti, nelle industrie. Alla devastazione dei territori. Al capitalismo che ci spreme attraverso il lavoro salariato e il consumo obbligato, e che schiaccia i più poveri per impedire che alzino la testa.
Lo chiediamo anche ai sarti della bella civiltà, che – sordi ai discorsi e ai temi portati da chi vuole mettere in discussione il funzionamento del sistema – preferiscono scandalizzarsi per una bestemmia o per un petardo. Uno slogan dà semplicemente conto della gravità dei tempi. Qualcuno la sente, altri ci guadagnano: ecco tutta la differenza, ecco il vostro scandalo.
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25 Aprile: la Questura provoca ancora

A distanza di un anno, la storia si ripete, questa volta come farsa: dopo aver cercato di mettere al bando l’antifascismo nel suo giorno d’elezione e aver clamorosamente fallito, quest’anno la Questura giuliana ci delizia con il vecchio trucco della finta disponibilità. Nonostante l’avviso giunto con largo anticipo e le interlocuzioni verbali avvenute nella massima disponibilità, al momento di arrivare al dunque anche quest’anno scattano le prescrizioni per lx antifascistx.

Un breve riassunto dei fatti: il 16 marzo con una mail comunicavamo alla Questura la nostra volontà di organizzare un corteo antifascista con partenza da Campo San Giacomo alle 9 e arrivo in Largo Martiri della Risiera dopo essere transitati per via dell’Istria […] via di Servola e Ratto della Pileria. Circa un mese dopo, la Questura ci rispondeva, esprimendo perplessità sia riguardo all’orario di partenza che al percorso prima per via telefonica e poi convocando un incontro con la dirigente della locale Digos. Durante la chiacchierata, di fronte alle richieste della Questura, ribadivamo come per noi l’orario di partenza fosse fondamentale, mentre riguardo il percorso ci dicevamo più flessibili: per quanto ci piacerebbe poter scendere Ratto della Pileria, si poteva valutare un giro più lungo, attorno allo stadio, venendo così incontro alla loro esigenza di ridurre il numero di persone intorno alla Risiera, che quest’anno vede per la prima volta l’applicazione di nuove regole di sicurezza e quindi un tetto massimo agli ingressi e potenzialmente una presenza più massiccia di persone all’esterno (secondo la Questura). L’incontro si scioglie con promesse e rassicurazioni, ormai possiamo dire “le solite”.

Nelle prescrizioni arrivate ufficialmente il 15 aprile si “prende atto” delle esigenze espresse dagli organizzatori, ma nei fatti, poi, non si recepisce né viene incontro su nulla. Prescrivendo di “effettuare il preannunciato corteo il 25 aprile prossimo, con concentramento in Campo San Giacomo e partenza non prima delle ore 12:00 seguendo via dell’Istria […], via di Servola, via Carpineto, via Valmaura, via Flavia, via Milani ed arrivo in Largo Martiri della Risiera […] terminando entro e non oltre le ore 15” per il secondo anno consecutivo la Questura cerca di mettere il bavaglio a un corteo antifascista proprio il 25 aprile. Vengono prescritti orari e percorso modificati, a quel punto potevano anche non convocarci la volta prima.

Vogliamo che il corteo sia in contemporanea alle celebrazioni ufficiali perché vuole rappresentarne un’alternativa e una critica. Che il 25 aprile sia ormai una vuota e sterile pantomima, buona per mettersi la coscienza a posto a destra come a sinistra, non serve neanche perder troppe parole a ricordarlo.

Sono proprio le istituzioni locali a portare avanti per prime, nel quotidiano, atteggiamenti fascisti: nell’arroganza del Comune verso i comitati e collettivi cittadini che esprimono critiche e contrarietà sui progetti di gestione dei beni pubblici ed attraverso la marginalizzazione di migranti e persone in difficoltà; nella continua spirale repressiva della Questura, che da anni ormai va contraendo sempre più il diritto a manifestare, e nella persecuzione delle soggettività “scomode”, prostrandosi così ai desiderata di Comune e Regione nel creare una città-vetrina sempre più grande e sempre più a uso e consumo di turismo, speculazione, consumismo.

Come si possa pensare, infatti, che prescrivere un corteo il 25 aprile tra le 12 e le 15 per nessun’altra ragione che non salvaguardare il viavai di auto blu – perché questa è l’unica valida ragione che si scorge, tra le righe del solito “safety and security” e il provvidenziale paravento delle nuove norme antincendio che impongono una capienza massima dentro la Risiera risulta del tutto incomprensibile a chi il 25 aprile l’abbia celebrato anche solo una volta nella vita.

In aggiunta viene anche prescritto un percorso più lungo, che faccia arrivare il corteo in Risiera girando intorno allo stadio e non scendendo direttamente da Servola come era invece stato comunicato. Non avremmo avuto problemi ad integrare il cambio di percorso proprio per venire incontro alle esigenze di Questura e Prefettura di non affollare l’area antistante alla Risiera dal lato di Via Valmaura: l’applicazione di entrambe le misure è irricevibile, in quanto vuole relegare il corteo ad un orario in cui perde di significato ed incisività, mira a renderlo invisibile a chi partecipa alle celebrazioni ufficiali, silenziando e nascondendo agli occhi di cittadinanza e stampa lì presenti gli interventi e le critiche che il corteo porrà.

Evidentemente la Questura quest’anno cerca di non replicare la becera figura dell’anno scorso quando una gestione della piazza criminale aveva visto camionette e schieramenti antisommossa tentare di bloccare non solo il corteo ma anche l’accesso alla Risiera stessa mettendo piuttosto la maschera democratica di chi a parole tutela il diritto a manifestare, a patto che lo faccia obbedendo a tempi e percorsi scelti da loro.

Questo tentativo di imbrigliare le espressioni di dissenso in gabbie di orari e strade, pensate per nascondere e sminuire i contenuti e le richieste che i movimenti portano, non è nuovo e non si limita al 25 aprile per quanto misure restrittive alla libertà di manifestare risultino in questa giornata ancora più surreali del solito ma sono approccio ormai diventato prassi.

Da anni è quasi impossibile organizzare presidi e cortei in centro con motivazioni sempre più fantasiose, inclusa quella di non arrecare disturbo allo shopping.

Al contempo, la macchina della repressione si muove con forza sempre più spropositata: dagli schieramenti di agenti antisommossa in ogni occasione alle denunce che piovono con imputazioni esagerate e circostanziali, con ben pochi risultatati tangibili una volta arrivati in tribunale.

Un occhio meno attento, più malizioso o forse più propenso a vedere trame inesistenti parlerebbe persino di provocazione poliziesca, perché è del tutto naturale che come collettivo non abbiamo nessuna intenzione di accettare queste prescrizioni.

Ribadiamo quindi la nostra ferma intenzione di svolgere un corteo antifascista nella giornata più simbolica dell’anno.

L’appuntamento resta dunque per il 25 aprile alle ore 9 in Campo San Giacomo, più determinatx che mai, per dimostrare il nostro rifiuto e rimandando al mittente ogni ricatto poliziesco.