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Lo spauracchio anarchico e la repressione preventiva (ancora)

Sabato a Torino la rabbia degli oppressi si è riversata nelle strade del lusso. È stata sfondata qualche vetrina. Succede. Qualche celerino ha visto dei sampietrini volare verso di lui. Capita. Un paio di specchietti di Suv sono stati sradicati. Spiaze.

Ci rammarichiamo solamente che qualche compagna non sia riuscita a esserci.

La condanna a morte di Alfredo, non poteva lasciarci indifferenti. C’è stato il dolore, c’è stata la rabbia e c’è la consapevolezza che, in questa continua lotta di chi si mobilita contro sfruttamento, disuguaglianze e repressione dello stato, la condanna a morte di un compagno segna un punto di svolta.

Come accennato, sabato a Torino qualcuna a quel corteo non c’è nemmeno arrivata perché, con la scusa dello stato di “necessità e urgenza”, le guardie hanno iniziato a fermare le persone nelle strade della città già dalla mattina. Quattro di noi sono state fermate, gli sono stati tolti i telefoni, sono state portate in questura e perquisite senza avere la possibilità di avvisare nessuno.

Più di venti persone sono rimaste fino alle 22 in un portico di venti metri quadri senza poter chiamare un avvocato, senza telefoni, senza possibilità di avere risposta sullo stato di fermo.

Le nostre compagne fermate sono state rilasciate a tarda sera tutte con foglio di via da Torino per un anno, con l’accusa di essere socialmente pericolose. Come nel caso del 41 bis, il foglio di via è un dispositivo integrato nell’ambito dell’antimafia e spesso trasformato in arma contro la dissidenza politica. In questo caso, la supposta pericolosità sociale delle compagne era dovuta alla loro volontà di partecipare a un corteo.

Nel verbale di perquisizione scrivono che abbiamo rifiutato di avvalerci di un legale di fiducia. Falsità: la richiesta di un avvocato è stata ribadita collettivamente per ore, cercando pure di far passare il numero del legal team ai passanti in strada, e ottenendo invece come risposta lo schieramento di un blindato antisommossa (oltre al portone da cui cercavamo di comunicare).

«Che l’unica guerra a cui partecipiamo ci veda a fianco di tutti gli sfruttati, sulla barricata che ci divide dagli sfruttatori, a urlare la nostra rabbia per una decisione che segna un ulteriore cambio di passo nella repressione delle lotte: la condanna a morte di un compagno.»

P.S. Ne approfittiamo per condividere un’utile guida, che di questi tempi non si sa mai: https://infuriati.noblogs.org/files/2017/02/Sicurezza-e-Controsorveglianza-lettura.pdf

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Iniziative

[08/03] Lotto marzo: corteo! [Nudm Trieste]

Per un 8 marzo di rivolta, insurrezione e disobbedienza nei confronti di un regime binario d’oppressione di genere.
Buona festa a tutte, ci vediamo alle 17.30!

Di seguito condividiamo la chiamata di Non Una di Meno – Trieste:

La violenza di genere, la pandemia, la guerra, il disastro ecologico, l’inflazione: viviamo in un mondo di crisi continue che non sono emergenze ma segnali evidenti di un sistema che si sta sgretolando, un sistema ingiusto che ci costringe a vivere vite insostenibili e che vorrebbe chiuderci nell’isolamento e nell’impotenza. Noi, come voi, in questa solitudine non vogliamo starci e insieme troviamo la forza di ribellarci, lottare e rifiutare tutto questo.

Vogliamo per questo che il prossimo Lotto marzo sia uno spazio di resistenza visibile e potente, anche nella nostra città. Riprendiamoci le strade, le piazze, il tempo, i desideri, contro la violenza maschile sulle donne, di genere e dei generi, contro la repressione, contro il razzismo.

Vogliamo essere una potenza comune contro la violenza patriarcale, capitalista, coloniale e razzista.

Lo sciopero è il nostro grido: se per questo sistema le nostre vite non valgono, noi ci fermiamo. Scioperiamo ovunque, dal lavoro produttivo e riproduttivo e dai ruoli di genere, e disertiamo insieme da tutte le guerre: ci muove il desiderio di costruire adesso il mondo che vogliamo vivere!

Lotto marzo saremo in corteo, dalle 17:30, con partenza da Foro Ulpiano, davanti al Tribunale di Trieste.

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Iniziative

[03/03] Sciopero per il clima [Fridays for Future]

L’attuale crisi ecologica, causata da un determinato modo di produrre e di consumare, non è più qualcosa che si possa nascondere. Il clima sempre più caotico, l’incremento degli incendi, la perdita accelerata di biodiversità, i problemi nelle coltivazioni, la crisi delle materie prime e tanti altri elementi che avranno un impatto sempre più forte sulla nostra vita quotidiana ne sono la prova.

Per tentare di contrastare questa deriva, bisogna informarsi, identificare i principali responsabili della catastrofe, organizzarsi localmente per agire globalmente.
Per tutto questo il prossimo venerdì 3 marzo saremo a fianco di Fridays for Future – Trieste.
Ci vediamo in Oberdan alle 9.00!
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Approfondimenti

Grandi navi: cosa portano in città?

Il turismo da grande nave causa l’emissione di ingenti quantità di inquinanti in atmosfera e mari, il che contribuisce all’insorgenza e peggioramento di malattie respiratorie e cardiovascolari, oltre a esacerbare i cambiamenti climatici. Aumentare i profitti di pochi ristoratori e dare qualche posto di lavoro sfruttato non può essere un motivo valido.

Il 3 marzo saremo in piazza con Fridays For Future Trieste anche per dire no al turismo di massa e da grande nave, per continuare a lottare per una società sostenibile che ruoti intorno ai bisogni della persona e non del capitale.

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Approfondimenti

Trasporto pubblico e crisi climatica

In Europa il 30 % delle emissioni di CO₂ è causata dai trasporti, il 60,7% delle quali sono prodotte dalle automobili. Finanziare un trasporto pubblico gratuito, diffuso e accessibile così come piste ciclabili e zone pedonali sicure e utilizzabili, è fondamentale per la lotta contro il cambiamento climatico e le sue conseguenze.

Allo stesso modo un trasporto pubblico gratuito e capillare è indispensabile per permettere le stesse possibilità di spostamento e vita a tutt*, soprattutto in queso periodo di inflazione galoppante e carovita.

Ma mentre il mondo politico si riempie la bocca di “promesse green” le scelte sono sempre le stesse: privatizzare e mettere al centro il profitto, ammodernare il centro e abbandonare le periferie, disinteressarsi di chi sta ai margini. Per questo e tanto altro saremo in piazza il 3 marzo allo Sciopero Globale per il Clima a Trieste e continueremo a informare, muoverci e lottare.

 

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Respinto dalla Cassazione il ricorso di Alfredo Cospito

La Cassazione ha respinto il ricorso dell’avvocato di Alfredo Cospito.

Resterà al 41bis.

Condannato a morte da uno stato assassino!

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[03/03] Di complotti, reincanto e lotte // Conversazioni con Wu Ming 1 + Reading/Concerto Ufo 78

VENERDÌ 3 MARZO / 18.30
CASA DEL POPOLO DI SOTTOLONGERA (via Masaccio 24)

“Superati anche i postumi, avremmo raccolto da terra i frantumi della nostra psiche e ci saremmo guardati intorno, in semiconscia attesa della pandemia prossima ventura, di un’altra emergenza, di ubriacarci ancora di paura”.

Scriveva così Wu Ming 1 ne La Q di Qomplotto nell’ormai lontano 2020, immaginandoci appunto ora a fare i conti con quanto è successo, o quanto accade ancora.

I cospirazionismi e le narrazioni tossiche dominanti oggi sono sintomi, fra altre cose, di un malcontento sociale che serpeggia sempre più forte, della percezione sempre più diffusa che la cornice capitalistica sta rendendo la vita su questa terra invivibile. Eppure vere istanze anticapitaliste stentano a nascere nell’odierno clima di guerra, un contesto per certi versi simile a quello dell’ultimo libro del collettivo Wu Ming, UFO78, dove in seguito al rapimento Moro il Paese è caduto in preda alla paranoia e alla militarizzazione.

Come ritrovare, in questo contesto, la capacità di un reincanto creativo? Come recuperare le forze collettive necessarie per rimettere in discussione l’esistente, per contrastare la multicrisi (ecologica, sanitaria, sociale) in cui siamo immersi? Quello di cui abbiamo pochi dubbi è che le rivolte che verranno non potranno che essere spurie, complesse, poco riconoscibili, senza quei tratti distintivi di “patrimonio di classe” a cui saremmo abituati. Bisogna rimboccarsi le maniche, sporcarsi di nuovo le mani ed essere pronti con nuove armi.

Ne discuteremo con Wu Ming 1, a partire dagli ultimi libri scritti da lui stesso e dal collettivo del quale fa parte.

Reading/Concerto Ufo 78 a cura di Wu Ming 1 (voce) e Luca Demicheli (basso elettrico ed effetti).

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Continuare a seminare su terra bruciata

A seguito di certi fatti accaduti durante le scorse settimane, e con una minima prospettiva, sentiamo la necessità di condividere alcune riflessioni.

Iniziamo riassumendo i suddetti fatti. Sabato 4 febbraio, Trieste Hardcore prevedeva di organizzare, in orario pomeridiano, un concerto dove avrebbero suonato diverse band. Doveva essere il quarto appuntamento di una serie di eventi organizzati per portare musica punk live in una città dove manifestazioni del genere sono più uniche che rare. Il giorno prima dell’evento, il gestore dello spazio avvisa gli organizzatori che la polizia politica, ai più nota come Digos (Divisione Investigazioni Generali e Operazioni Speciali), gli ha “consigliato caldamente” — parrebbe tramite un consigliere circoscrizionale di FdI — di annullare il concerto.

Qual è stata la motivazione di questo intervento preventivo e avvenuto nell’ombra da parte della questura? Nient’altro che la presunta presenza di anarchicx ai concerti di Trieste Hardcore, la quale, secondo gli agenti, avrebbe portato inevitabilmente a violenti disordini e a gravi danni durante l’evento (nonostante quelli precedenti non avessero generato altro che quintali di sudore, qualche decibel sopra la media e molta gioia). Davanti a tali avvertimenti, i gestori dello spazio si sono sentiti costretti ad accogliere la “richiesta” dei digossini. Niente più concerti, e non solo: salta anche la disponibilità dello spazio per un’altra iniziativa di Burjana in programma per marzo (stay tuned!).

Qualsiasi persona con un minimo di coscienza storica non si stupirà di questo utilizzo repressivo dello spauracchio anarchico. Da quando lo scorso 20 ottobre Alfredo Cospito ha iniziato uno sciopero della fame — che continua ancora oggi, nonostante le sue fragilissime condizioni di salute, in una cella dell’ospedale San Paolo di Milano omologata al 41bis — si è scatenata una campagna di solidarietà che è andata ben oltre il suo gruppo politico di riferimento. Per il ritorno di Alfredo ad un regime carcerario “normale” e contro gli istituti del 41bis e dell’ergastolo ostativo, si sono espressi non solo parlamentar*, giornalist* e giurist* di taglio progressista, ma anche numerosi gruppi politici extraparlamentari che — come la Burjana — non sono direttamente ascrivibili all’area anarchica.

Questa trasversalità ha mandato in tilt i meccanismi politico-mediatici del governo meloniano e dei difensori a oltranza delle torture istituzionalizzate (tra cui spiccano, appunto, il regime del 41bis e l’ergastolo ostativo). La risposta di quella macchina è stata un revival del “terrore anarchico”, attraverso una prassi comunicativa semplice quanto efficace: circoscrivere all’area anarchica qualsiasi azione realizzata in solidarietà con Cospito, ingigantire i sabotaggi e focalizzare tutta l’attenzione mediatica su di essi. Per vederne il risultato basta aprire qualsiasi quotidiano o guardare per pochi minuti un qualunque telegiornale. Nel giro di poche settimane è stato rimesso in piedi il vecchio nemico pubblico numero 1. La logica su cui si basano tutte le informazioni a riguardo è la seguente: Gli anarchici sono il male + soltanto gli anarchici esprimono solidarietà con Cospito >> Chiunque esprima solidarietà con Cospito è anarchico >> Chiunque esprima solidarietà con Cospito è il male.
Un sistema di sillogismi ridicolo e fallace, ma che sta portando a una repressione feroce.

Una volta messo in piedi e integrato all’interno della macchina mediatica, questo meccanismo risulta molto utile a questure, prefetture e comuni per mantenere il controllo dei loro feudi. La censura di fatto dei concerti di Trieste Hardcore ne è un esempio: essa è stata eseguita utilizzando come pretesto la vicinanza fra il gruppo punk e la Burjana (e quindi, per quanto spiegato sopra, fra TsHc e i pericolosi anarchici). Pretesto, diciamo, perché al netto delle contingenze, Trieste è una città dove qualunque iniziativa di gestione dal basso della socialità viene stroncata, in un modo o nell’altro, lapidata da multe e altri dispositivi repressivi, siano essi penali o amministrativi. Basta aver vissuto qualche anno da queste parti per farsi venire in mente più di un esempio di spazi di questo tipo che sono stati costretti, più o meno direttamente, a chiudere.

Decoro e civismo sono le scuse usate in tempi di “pace” per reprimere la creazione e lo sviluppo di spazi al di fuori dei circuiti del consumo obbligato e dello sfruttamento lavorativo. Ora che lo Stato italiano ha dichiarato di essere in guerra contro gli anarchici, le scuse cambiano, ma l’obiettivo è sempre lo stesso: mantenere lo status quo, disclipinare le minoranze devianti adoperando meccanismi securitari in nome di una supposta maggioranza democratica.
Operazioni che, oltre alla repressione immediata, hanno come fine anche l’isolamento e l’inagibilità politica sul lungo periodo. Chi in questa città cerca di mantenere “l’ordine pubblico” sa bene che colpire spazi di socialità e aggregazione rende più difficoltoso creare reti di condivisione di idee, di visioni, di pratiche e di prospettive al di là di quelle delle istituzioni statali. Un obiettivo che accontenta una certa fetta di cittadinanza sdraiata e che diventa quindi redditizio dal punto di vista elettorale. Ed ecco che la giunta del decoro, del centro vetrina e dell’appiattimento culturale ritrova come alleato la macchina repressiva e divisiva dello stato.

Nonostante si tenti di farci terra bruciata attorno, noi non demordiamo. Continueremo ad aprire e a sostenere spazi di autogestione, dove immaginare e mettere in pratica altri mondi, dove lottare senza farci schiacciare ai margini, mantenendoci in contatto con la città e con la campagna, perché crediamo fermamente che i grossi cambiamenti che sogniamo siano la strada per rendere migliore la vita di (quasi) tutte e tutti.

Ci si vede presto, da qualche parte.

PS – Una piccola nota: pubblichiamo questa comunicazione sui nostri social perché è un modo di arrivare a più persone, ma spingiamo per una solidarietà attiva nel mondo materiale: pensiamo che la roboanza limitata alla realtà virtuale sia una delle peggiori tendenze dei nostri tempi. Come un cane che per istinto abbaia da dietro un cancello, ma quando questo viene aperto abbassa la coda e si ammutolisce, così le parole cui non seguono i fatti creano solo illusioni e false aspettative, contribuendo a generare frustrazione. Ci sembra di star vivendo tempi in cui non si possa più scherzare: prendiamoci cura l’un l’altra, difendiamoci e supportiamoci a vicenda concretamente, non lasciamoci addomesticare e opprimere senza reagire

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[16/02] In piazza con Alfredo e contro il 41bis

GIOVEDÌ 16 FEBBRAIO // ORE 17 // LARGO BARRIERA

Scriviamo queste righe nell’urgenza, nella rabbia e nell’angoscia dell’attuale situazione invitando ad una presenza massiccia.

Come saprete, Alfredo Cospito si trova attualmente all’interno di una cella di 41 bis costruita nell’ospedale San Paolo di Milano, restando “murato vivo in quel sarcofago di cemento” e rischiando un collasso in ogni momento. La sua lotta continua contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo, come la nostra in suo supporto. Terminerebbe lo sciopero della fame se venisse declassato.

I media hanno sviluppato, nelle ultime settimane, una narrazione indegna, cercando di annientare la potenza di questa battaglia, del supporto solidale e del dibattito pubblico che si è sviluppato attraverso una grottesca barzelletta di governo, una strategia della tensione già vista, e un’assimilazione tra Alfredo Cospito e la mafia.

Rimbalzandosi le responsabilità tra istituzioni stanno portando Alfredo Cospito alla morte.

Pensiamo che il 41bis e l’ergastolo ostativo vadano aboliti e che non vogliamo vivere in un paese che fa morire un prigioniero politico in sciopero della fame. Pensiamo che i cambiamenti nella società hanno un tempismo delicato, ci sono momenti in cui posticipare non è neutro, è assecondare. Ci sono momenti in cui non fare niente ha conseguenze storiche maggiori di altri. La partita si sta giocando ora, scendiamo in piazza giovedì.

Vieni e diffondi!
Fuori Alfredo dal 41 bis!
(Per chi fosse interessata/o qui si può ascoltare la diretta della conferenza stampa dell’avvocato Flavio Rossi Albertini e di Luigi Manconi di venerdì scorso: https://www.facebook.com/watch/live/?ref=watch_permalink&v=1148837679153540)
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Noi, Alfredo e il minimo che andava fatto

Ci sono situazioni in cui il precipitare degli eventi rende tutto estremamente chiaro, senza bisogno di interpretazioni: i 100 giorni di sciopero della fame di Alfredo Cospito sono una di queste. Non c’è tempo per i giri di parole, i mille compromessi, le opportunità.
Abbiamo quindi agito animatə dall’urgenza e della rabbia, siamo scesə in corteo e ci siamo presə qualche metro in più, convintə che ora o si fa un passo oltre o si rimane schiacciatə. Ce lo insegna Alfredo, con la forza e la determinazione di chi mette in gioco tutto quello che gli resta per lottare contro gli abomini del 41 bis e dell’ergastolo ostativo.
Agiamo non per gioco o compromessi, ma proporzionalmente alla gravità della situazione, senza farci spaventare da qualche limitazione questurina e dai loro dispositivi di sicurezza. E anche su questo qualcosa bisognerà dirlo: perché negli ultimi anni, anche a seguito delle mobilitazioni no green pass, le prescrizioni in questa città sono sempre più assurde e restrittive, con motivazioni ormai sempre più pretestuose (ad esempio lo shopping…), impedendo di fatto di portare idee e voci differenti nel centro-vetrina del decoro e del turismo.

Abbiamo quindi bloccato la città e siamo andatə oltre, perché un uomo è murato vivo nelle gabbie medievali dello stato. Abbiamo salutato i detenuti del carcere, perché sappiamo quanto siano vergognose le condizioni di vita nelle galere. Abbiamo urlato per il centro sonnecchiante perché tutti devono sapere e nessuno possa dire, dopo, che non c’era niente da fare.

Abbiamo fatto quel che andava fatto e continueremo a farlo.

Alla persecuzione dello stato, alla sua repressione, alle limitazioni della libertà di manifestare, rispondiamo colpo su colpo. Per l’abolizione dell’ergastolo ostativo e del 41bis!

FUORI SUBITO ALFREDO DAL 41BIS

Alcune compagne e compagni