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[19/01] Giornata di mobilitazione in solidarietà a Stecco

Vogliamo far sentire il nostro calore e la nostra solidarietà al compagno Stecco, arrestato dopo essersi dovuto nascondere per due anni a causa della macchina repressiva dello Stato.

Stecco è ora detenuto al carcere di Imperia per vari cumuli di pena, conseguenza della sua militanza contro stato, carceri e capitale. Il 19 gennaio sarà a Trieste, per l’udienza di un processo che lo vedo coinvolto: un’occasione per fargli sentire la nostra vicinanza e ribadire una volta di più la nostra complicità con le lotte che ha portato avanti. Il fatto che gli viene contestato, per cui tra l’altro sono già stati/e assolti/e altri/e compagni/e, fu un’iniziativa che si tenne il primo maggio del 2021, in piena “emergenza” covid, per denunciare i massacri nelle carceri, la gestione autoritaria dell’epidemia, la strage di stato voluta da Confindustria.

Sappiamo che condanne, tribunali e carcere sono frutto di una società ingiusta, che avvita le questioni sociali sulle responsabilità individuali del singolo, fino a scaricare su ognuno ed ognuna di noi la colpa di vivere in un mondo di miseria e devastazione.

Stecco, come tante e tanti, non si è arreso e a testa alta ha continuato a lottare, consapevole che forse, a un certo punto, sarebbe arrivato il conto. Il minimo che si può fare è stargli vicino, portargli solidarietà, rilanciare con forza la giustezza delle lotte che ha affrontato.

Da troppi anni la repressione avanza senza freni, la rete del controllo è sempre più opprimente, le condanne per reati “politici” sono sempre più pesanti. La macchina repressiva schiaccia e opprime chi non accetta un mondo basato sullo sfruttamento, sulla guerra e sulla devastazione del territorio a favore del profitto. Stiamo pagando con la nostra libertà la difesa del sogno rivoluzionario, la lotta per una società libera da ogni forma di dominazione e rispettosa del vivente.

La loro repressione non ci deve spaventare: più le tenaglie si stringono, più vogliamo far crescere compatta e solidale la nostra rabbia.

Diciannove gennaio, a fianco di Stecco!

Presenza solidale – Tribunale di Trieste
Promossa dall’Assemblea contro il Carcere e la Repressione
Ore 11 (in concomitanza con un’udienza di Stecco)
e a seguire, ore 14, presidio sotto il carcere del Coroneo

Serata Benefit – Bibitando e Magnando (via dell’Istria, 24)
Dalle 18, cena e musica con Phoenix Collective, Minoranza di Uno, Dj Sordo, Maria Randagia e Vecchia Volpe!

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Approfondimenti

[AUDIO] Dall’antimilitarismo a Radio Alice e ancora più in là

Per chi non è riuscita a venire, condividiamo l’audio dell’incontro dello scorso 15 dicembre con Valerio Minnella e Filo Sottile a proposito della pubblicazione del libro Se vi va bene bene se non seghe (scritto insieme a Wu Ming 1).

Potrete ascoltare delle primissime lotte antimilitariste per l’obbiezione di coscienza, di solidarietà nelle carceri mlitari, del servizio civile di Valerio nell’Opp di Trieste aperto da Basaglia, di Radio Alice e il suo sgombero il 12 marzo 1977, di lottare insieme lasciando da parte i dogmatismi.

Buon ascolto!

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[16/12] Mostre & fiere – freakshow di e con Filo Sottile [Smarza Pride]

SABATO 16 DICEMBRE, ORE 17.30, Via Tarabocchia 3, Trieste

“C’è vita fuori dalle caselle M e F. Irregolari in terre di nessuno. Occupanti delle zone di confine. Fuorilegge fra le tagliole dei generi.”

Che cosa sia Mostre & Fiere lo potete leggere qua, dalle parole della sua autrice, ideatrice e attrice, Filomena “Filo” Sottile.

Perché abbiamo chiesto a Filo di mettere in scena questo spettacolo – nella consueta difficoltà che caratterizza ogni tentativo di trovare una casa a iniziative come questa a Trieste – è invece una domanda a cui tentiamo di rispondere noi con qualche appunto volante:

  • perché se non proviamo a parlare di corpi, autodeterminazione e sessualità, che ci stiamo a fare?
  • perché, in modo irriverente, divertente e intelligente, questo spettacolo è un assalto alla Norma e al binarismo.
  • perché l’arte, nella forma che preferite, ci continua a sembrare il miglior punto di partenza per riflettere e lottare assieme.
  • perché qualcunə di noi l’ha visto, questo show, e ne è ancora innamoratə.
  • perché Mostre & Fiere, soprattutto, parla di noi!
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[15/12] Dall’antimilitarismo a Radio Alice e ancora più in là

VENERDÌ 15 DICEMBRE, ORE 18.30, CASA DEL POPOLO DI SOTTOLONGERA (Via Masaccio 24, Trieste – linee 35 e 35/)

«Io non spero più in chi ha identità consolidate e si considera compagno. Io spero in chi arriverà. Guardo alle persone giovani. Spero che questo libro non finisca in mano al ceto politico della “sinistra” ma a tutte altre persone. Tutte le esperienze che stai raccontando sono esperienze radicali, rigorose, ma mai settarie, lì c’è il segreto del loro successo. Sia la lotta per l’obiezione di coscienza che Radio Alice sono grandi contenitori di differenze che però le hanno anche sapute valorizzare. Tutto questo è oro.»

Attivista nel Belìce post terremoto, avanguardia nella lotta per l’obiezione di coscienza, obiettore in servizio civile a Trieste con Basaglia, cofondatore di Radio Alice ed eterno promotore dal basso dell’autonomia tecnologica: Valerio Minnella ha fatto molte cose e visto molta gente. Vi aspettiamo per conversare con lui, accompagnate da Filo Sottile, che insieme a Wu Ming 1 e allo stesso Valerio hanno creato in tre anni di lavoro questo «oggetto narrativo non identificato».

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Iniziative

[08/12] Stecco libero!

Da troppi anni la repressione avanza senza freni: la rete massiva del controllo è sempre più opprimente, le condanne per reati “politici” sono sempre più pesanti.
La macchina repressiva schiaccia da tutti i lati chi non accetta un mondo basato sullo sfruttamento, sulla guerra e sulla devastazione del territorio a favore del profitto.
Stiamo pagando con la nostra libertà la difesa del sogno rivoluzionario, la lotta per una società libera da ogni forma di dominazione e rispettosa del vivente.
La loro repressione non ci spaventa, più le tenaglie si stringono, più cresce compatta e solidale la nostra rabbia.

L’8 dicembre, alle ore 16.00, saremo in Piazza Sant’Antonio in solidarietà a Stecco e a tutti i detenuti e detenute delle carceri. In sostegno di chi ancora alza la testa lottando per la libertà di tutti e tutte.

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Notizie e comunicati

Sempre al fianco di chi ancora ci crede, sempre al fianco di chi lotta!

Esprimiamo solidarietà e vicinanza alle compagne e ai compagni di Corsica, della Magni*fica, delle Favoloske e dello Studentato Occupato di Firenze, che continuano in questi ultimi mesi ed anni a tentare di resistere alla violenza poliziesca e a rispondere ad ogni sgombero. 
Scriviamo questo comunicato per due ragioni: da un lato dare una restituzione di ciò che sta accadendo a Firenze a chi non conosce una realtà geograficamente a noi distante ma che ha, per varie ragioni, delle linee di contatto estremamente marcate con quella triestina e, dall’altra, per dimostrare il più grande sostegno e vicinanza a chi continua a rispondere con determinazione, amore e rabbia alla repressione dello stato, che si fa in ogni angolo d’Italia sempre più violenta e pervasiva. 
Ma quali sono i fatti?
Le compagne della Magni*fica, per tre volte negli ultimi anni, hanno cercato di riprendersi spazi pubblici abbandonati per costituire una casa delle donne transfemminista, e per tre volte sono state sgomberate a suon di manganelli e repressione, spesso per svendere quegli stessi edifici pubblici a nuovi proprietari privati. 
Le Favoloske, invece, in seguito ad uno spumeggiante Pride anti-istituzionale e intersezionale il 30 settembre, hanno deciso di rianimare un ex circolo con una Taz (Zona Temporaneamente Autonoma) di una settimana, per mostrare alla città come ci sia bisogno di spazi sociali in cui costruire dibattiti, assemblee, momenti di socialità e festa collettiva. Le forze dell’ordine anche qui non si sono fatte attendere e dopo un paio di giorni hanno deciso di sgomberare con la forza quella che sarebbe in ogni caso stata un’occupazione temporanea (lo stato, patriarcale com’è,deve ogni tanto mostrare i muscoli per sopravvivere e autoalimentarsi).
Ad agosto anche lo Studentato Occupato è stato sgomberato, uno spazio che da anni garantiva il diritto allo studio a ragazze e ragazzi che i prezzi astronomici di una stanza in affitto in città non se li potevano permettere, in un contesto in cui le case dello studente — come accade anche a Trieste — sono diventate soltanto nuove occasioni di privatizzazione e profitto.
Risale a un paio di settimane fa invece lo sgombero, effettuato a pistole in mano, di una ex banca in via Gramsci, spazio liberato dalle compagne dell’occupazione Corsica. A marzo 2021 la storica occupazione di viale Corsica 81, una ex scuola abbandonata, era stata sgomberata per poi venire rasa al suolo, all’unico scopo di mettere il terreno a disposizione della speculazione edilizia. Ma chi quello spazio lo aveva vissuto non si è lasciata abbattere, e dopo un corteo rabbioso, l’occupazione del tetto e un presidio stabile a Rifredi — il loro quartiere, la loro casa — è stato occupato un nuovo edificio, abbandonato da ben 8 anni, a pochi passi dalla vecchia casa. Anche questo edificio, con la violenta spinta del cosiddetto “Antiterrorismo” — sempre più usato in modo generale contro il dissenso politico — , è stato sgomberato ad agosto di quest’anno.
Perché tanta violenza? Perché tanta repressione?
Sembra che certi palazzi preoccupino molto alle istituzioni unicamente quando vengono occupati e ridonati alla collettività per creare spazi abitativi e sociali, biblioteche popolari, aule studio e luoghi di incontro e confronto. Pare invece naturale che quegli stessi palazzi vengano lasciati a marcire lungo le strade delle nostre città, diventando carne da speculazione, con il conseguente aumento degli affitti, e costringendo sempre più ai margini chi ai margini è già costretta a vivere.
Punirne uno per educarne cento, si suol dire. Perché chi mostra che è possibile strappare spazi all’economia neoliberista, alla speculazione, alle etichette, al decoro, allo spreco, deve essere punita. Non è ovviamente quell’edificio vuoto che viene rianimato il problema, ma il fatto che si possa intravedere un’alternativa, una breccia, una possibilità di stare assieme e vivere in maniera diversa. Questo è ciò che il potere punisce, reprimendo chi osa provarci per spaventare chi non ha ancora iniziato a farlo.
Ma non è vittimismo quello che vogliamo esprimere in questo comunicato, anzi tutto l’opposto. Ciò che vogliamo raccontare è il percorso di chi, nonostante gli sgomberi, le violenze e la repressione, ci crede e ci prova ancora!
Hanno manganellato uno spezzone ad un Pride? La risposta è stata un Pride indipendente, anti-istituzionale e intersezionale che ha permesso a compagne queer provenienti da tutta Italia di incontrarsi e camminare assieme. Hanno sgomberato l’occupazione di Corsica? E proprio da lì nascono momenti di aggregazione in piazza, presidi, concerti nelle strade, cortei e nuove occupazioni.
Un movimento, quindi, che osa rispondere agli sgomberi, alle manganellate, alle denunce, con determinazione e solidarietà, creando sempre nuovi spazi e momenti di socialità. Perché dove volevano paura, hanno generato rabbia; dove volevano deserto, hanno generato nuove forze per andare avanti. 
Trieste come Firenze?
Firenze, la città della gentrificazione e del turismo, e quindi delle tante cittadine e cittadini costretti ad allontanarsi dal centro e a frequentarlo solo per farsi sfruttare da un’industria del turismo sempre più di lusso. La Firenze degli Hotel, dei ristoranti e dei negozi esclusivi; dei locali a prezzi stellari che nessuna lavoratrice con uno stipendio normale può frequentare. La Firenze in cui anche un buco di monolocale di 20 metri quadri non si trova a meno di 600/700 euro al mese. La Firenze in cui il centro va infiocchettato, cacciando qualsiasi socialità diversa da quella dei bar e della movida.
Ma ora che Trieste si incammina sulla tanto prospettata strada della “città turistica”, dove finirà? Dove finiranno gli ultimi? Dove finiranno le persone “normali” che semplicemente 700 euro per un monolocale e 5 euro per uno spritz non se li possono permettere? Una Trieste in cui gli spazi di socialità alternativa semplicemente non esistono, in cui ogni edificio vuoto in centro o rimane tale per specularci o diviene un Hotel, preferibilmente di lusso. Una Trieste dove i pochi spazi verdi stanno venendo anch’essi svenduti mentre i triestini si ritrovano sempre più allontanati dalla città a favore di turisti e navi da crociera.
E chi prova ad aprire Brecce? Anche qui viene represso e perseguitato. Per cosa? Per mostrare come un’alternativa non sia possibile, per mostrare come i criteri del dio mercato siano gli unici . 
Il Giardino che era stato liberato e reso utilizzabile qualche anno fa in zona Cavana è ritornato ad essere sterpaglia, e dicono ora che ci faranno un albergo (sì, un altro!). L’ex Sacra Osteria, occupata per creare uno spazio di socialità alternativa e sgomberata in poche ore, è ancora lì vuota e decadente dopo 4 anni. Chi cerca di portare concerti e musica alternativa in città non trova spazi, chi cerca di portare la politica nel centro tendenzialmente viene manganellato o denunciato, perché il salotto buono deve restare intoccabile e distante dalla realtà di una società in cui i poveri sono sempre più poveri, dove centinaia di persone dormono per strada ogni notte e dove la politica partitica è sempre più distante dai bisogni reali delle persone.
No, Trieste non è Firenze, ogni città ha le sue peculiarità, ma il processo di gentrificazione e turistificazione che ci troviamo davanti sembra seguire di pari passo quello delle grandi città turistiche come Firenze, Venezia e Roma. Anche qui però, c’è chi non ha intenzione di farsi intimidire, c’è chi intende crederci, lottare ancora e rispondere alle violenze e pressioni poliziesche. Non sempre è facile e non lo sarà nemmeno in futuro, ma è anche l’esempio che ci arriva da altri luoghi che ci da la spinta per continuare a provarci. 
Ribadiamo ancora una volta la nostra solidarietà e vicinanza alle compagne di Firenze, e con allegria condiviamo le notizie che da loro sono arrivate sabato scorso: “Oggi abbiamo aperto un altro posto, per soffiare via la sabbia. Un luogo per chi guarda con sconforto, ma senza rassegnazione, al deserto che avanza: vieni a disertare anche tu!”
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Stecco libero subito! Viva la libertà!

Il compagno Stecco è stato arrestato qualche giorno fa dopo essersi dovuto nascondere per due anni a causa della macchina repressiva che gli si è scatenata contro. Molto attivo nelle lotte contro i confini e il sistema carcerario, vogliamo che si parli di Stecco per la persona che è e non per come lo dipinge la campagna mediatica, che lo descrive come un pericoloso terrorista, leader di un gruppo della criminalità organizzata.

Giornali che, senza un minimo di spirito critico, ricopiano le ridicole veline delle questure, le quali raccontano un certo tipo di militanza politica con le stesse forme di un’associazione mafiosa, adducendo a Stecco capacità di “leader”, compiti di “connessione con altre organizzazioni”, “logistica e propaganda”. Stecco è semplicemente una persona che scrive ciò che pensa e che intrattiene relazioni umane e politiche con altre persone, amici e compagne a cui lo legano affetti e ideali. In qualsiasi organizzazione anarchica non ci sono né capi né padroni ed è ridicola in generale la costruzione del mostro che è stata fatta col nostro compagno. Una narrazione e un livello di repressione ancora una volta spropositati: non vogliamo nemmeno provare a contare il denaro speso per arrestare una persona che, semplicemente, in gabbia non ci voleva stare. Stecco rischia moltissimi anni di carcere per aver partecipato ad una manifestazione contro le frontiere nel Brennero, per cui è stato condannato per reati minori come Resistenza o Interruzione di pubblico servizio, o per aver aiutato un compagno con dei documenti falsi. Per noi, militanti di diversa natura, la solidarietà disinteressata è la prima “arma” che caratterizza il nostro agire politico.

Oggi come sempre si svolge una caccia alle streghe alle compagne e ai compagni anarchic*, allo scopo di distruggere la spinta libertaria che lotta per una società giusta, basata sull’uguaglianza sociale e su un potere decisionale e orizzontale. Una spinta che si oppone apertamente allo Stato in quanto istituzione gerarchica e sfruttatrice la cui prima funzione è quella di proteggere sé stesso e le classi dominanti, anche – ma non solo – attraverso la violenza contro le classi popolari.

Uccel di bosco ha messo la sua libertà in gioco per lottare contro il sistema delle frontiere che impedisce il libero movimento delle persone, che le mette a disposizione dello sfruttamento di un mercato predatore e razzista. Nella convinzione che non sia un pezzo di carta – leggi passaporto – a renderci degni di vivere una vita libera e degna, Stecco è sempre stato in prima linea nella lotta contro i confini e ciò che rappresentano. Terrorista non è lui, ma gli Stati complici delle migliaia di morti nel Mediterraneo e sulla rotta balcanica.

Terrorista è lo Stato che reprime la dissidenza politica con ogni mezzo necessario, che incarcera le persone impoverite e costrette all’illegalità per sopravvivere. Carcerate e carcerati destinate a condizioni sanitarie pessime, morti premature, negazione della libertà, supplizio di Stato che raggiunge i suoi livelli massimi nella forma del 41-bis, considerata tortura perfino dall’Unione Europea. Nel frattempo, i veri criminali, quelli coi soldi, mantengono in uno stato di sfruttamento e ricatto tutta la classe lavoratrice e continuano a delinquere liberamente con il beneplacito dei politici.

Poi lo sappiamo quanto è labile il confine tra terrorista ed eroe nell’ipocrisia sociale. Terrorista è chi cerca di distruggere il potere, eroe è quando l’ha distrutto. Onore e reverenza a chi ha lottato per Trieste italiana mettendo le bombe sui treni austriaci – leggi Oberdan -, condanne di terrorismo a chi quel concetto di privilegio nazionalista lo vuole distruggere perchè consapevole che non sarà una Nazione a renderci libere e uguali. Stecco lotta per un mondo migliore, dove sia l’autogestione a organizzare la società in maniera orizzontale e senza soprusi. E noi con lui lottiamo.

Vogliamo Stecco libero e sorridente come noi lo conosciamo! Libere e liberi tutt*!

 

Compagne e compagni di Trieste
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[26/10] Presentazione “Appello ai colibrì. Contro i nuovi OGM e l’agricoltura 4.0”

[giovedì 26 ottobre, 18:30, “Bibitando e Magnando” – Via Dell’ Istria, 24 -Trieste]
Presentazione della fanzine “Appello ai colibrì. Contro i nuovi OGM e l’agricoltura 4.0”, a cura del Collettivo Terra e libertà. A seguire discussione e aperitivo!
Nel “decreto siccità” approvato lo scorso maggio è stata inserita una norma che sdogana i nuovi OGM (in Italia ora chiamati “tecniche di evoluzione assistita”), permettendone la sperimentazione in campo aperto. La Commissione europea si muove nella stessa direzione. Di fronte al degrado ambientale che esse stesse hanno provocato, le tecnoscienze e l’industria continuano a pretendere di fornire false soluzioni, con progetti volti in realtà a mantenere i loro profitti a scapito dei territori e delle loro popolazioni, che subiranno i disastri “collaterali”.
Mentre la trasformazione dell’agricoltura in industria è una storia antica, le biotecnologie e la digitalizzazione minacciano di sottrarre definitivamente alle persone il rapporto con la terra, il controllo sulla produzione dei propri mezzi di sussistenza e di conseguenza qualsiasi autonomia possibile, condannandoci a una dipendenza radicale. 
Vorremmo che questa presentazione possa essere un’occasione di formazione autogestita su un tema quasi assente nel dibattito pubblico, e l’occasione per iniziare una discussione che veda unite le varie forme di devastazione che ci assediano e le persone che provano a resistervi.
In concomitanza, sarà esposta la mostra itinerante “Terra”, della fotografa Iskra Coronelli, uno sguardo attraverso l’Italia negli ultimi 10 anni, tra piccole storie e l’impatto di grandi opere sul territorio.
Ci sarà anche da sbecolare a offerta libera, per dare un supporto a chi ci ospita!
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Intifada fino alla vittoria

Il clima di criminalizzazione sulla questione palestinese sta raggiungendo livelli intollerabili. È una logica ormai collaudata, per cui se non sei allineato al pensiero neo-coloniale vieni messo automaticamente fuori dall’arco democratico. Cioè, nella sintassi odierna, sei un terrorista. O con l’Occidente e Israele (la autoproclamata “unica democrazia del Medio Oriente”) o con i terroristi. Questa la logica binaria in cui ci vogliono ficcare a suon di propaganda e forza militare. 
Noi invece non possiamo e non vogliamo dimenticare il contesto e i precedenti dell’attuale “conflitto”. Settantacinque anni di occupazione e apartheid, ovvero generazioni di persone nate, cresciute, morte e uccise all’interno di un regime di segregazione. Giogo, violenza e umiliazione perenni che hanno portato anche alla nascita di Hamas, un’organizzazione nazional-islamista finanziata, sostenuta e armata da dittature e regimi teocratici (e nel passato non troppo remoto anche indirettamente dal sionismo israeliano), il cui scopo è la mera vendetta
In questo contesto, ci piacerebbe potesse essere superfluo precisare che riteniamo l’operato di Hamas, specialmente quello recente, deplorevole, in quanto diretto contro civili a caso piuttosto che contro il potere costituito del sionismo.
Ma come possiamo giudicare ora reazioni e violenze, se nella retorica complessiva di questo conflitto non servono a nient’altro che a cancellarne la storia ed evadere il punto centrale? E cioè che in questa vicenda si tratta, al fondo, di un contesto di squilibrio di forze, di un rapporto coloniale, che non possono essere equiparate in nome dell’equidistanza.
Nella nebbia della logica binaria imposta può accadere di tutto, senza la benché minima reazione. Localmente, ad esempio, succede che il rabbino di Trieste dichiara, durante una manifestazione pubblica in piazza Unità: “Israele vincerà questa guerra […] Siamo davanti a una violenza motivata solo dall’odio contro un popolo. Questo tipo di odio in passato ha rischiato di distruggere l’occidente e rischia di distruggerlo ora”. Nel totale ribaltamento della storia, insomma, si invoca la crociata di civiltà contro il popolo palestinese, complice di resistere da decenni ai soprusi e alla guerra israeliana.
Nella stessa piazza, per due sere consecutive, dei ragazzi al fianco del popolo palestinese sono stati duramente repressi. Celere e Digos a fior di pelle, mani addosso, fermi: il pensiero guerrafondaio si mantiene anche con questo clima di criminalizzazione.
Ribadiamo dunque un paio di punti fermi. Solidali e complici con il popolo palestinese costretto a vivere in condizioni di apartheid e violenza nelle proprie stesse case e terre da quasi un secolo. Contro ogni forma di equiparazione della violenza palestinese davanti alla violenza israeliana. Contro la narrazione di uno stato israeliano “costretto a difendersi” mentre perpetra violenza, abusi, espropri e discriminazioni quotidiane nei con fronti della popolazione palestinese nel silenzio della comunità internazionale. Contro la complicità quotidiana occidentale e italiana con il fascismo dello stato israeliano.
Urleremo sempre: Palestina libera! Israele stato assassino!
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[22/10] Incontro pubblico sulle grandi navi

Negli ultimi anni a Trieste si parla con sempre maggior insistenza di grandi progetti di sviluppo, opere faraoniche che dovrebbero “(ri)lanciare l’economia”, in particolare il porto, aumentandone la capacità recettiva ed il turismo di massa, già in evidente e rapida crescita. Le trasformazioni strutturali necessarie per quel rilancio ci portano però a seguire un modello di sviluppo della città insostenibile, sia dal punto di vista ambientale che socio-economico; basato unicamente sulla creazione di profitto per poche aziende (e per i loro dirigenti) a discapito delle persone che abitano la città.

È sotto gli occhi di tutti e tutte l’impatto delle navi crociera: dal centro costantemente invaso di pullman e turisti/e alle nubi nere che si lasciano dietro quando ripartono. Non contento, l’estate scorsa il sindaco Dipiazza dichiarò di voler costruire infrastrutture per far attraccare fino a 8 navi passeggeri allo stesso tempo. Un disastro non solo ambientale e sanitario – una sola di queste navi inquina di più di tutte le auto in città, per cui le conseguenze sulla salute delle persone non si faranno attendere -, ma anche a livello sociale, dato che tale business porta quasi solo lavoro precario e perdita di territorio. Si pensi al lungomare triestino, ormai non più fruibile a chi vive città per permettere ai passeggeri delle crociere di prendere i pullman, ma anche al tipo di negozi che apriranno: di lusso, di souvenir e fast food, decisamente non necessità di chi la città la abita. Per non parlare dell’ovovia il cui obiettivo non detto è quello di trasportare queste migliaia di turisti/e in Carso e poi a Venezia con la scusa di non intasare la strada Costiera, ma disboscando e sventrando il bosco Bovedo nel processo.

Gli esempi di città che si stanno ribellando a questo modello di turismo mordi e fuggi sono molti, così come i Comuni che hanno iniziato a limitare il numero di navi da crociera viste le conseguenze nefaste: Venezia, Barcellona, Maiorca, etc. (vedi qui e qui).

Ma al Comune di Trieste non basta. Oltre al voler rendere il centro una mera attrazione turistica, si propone anche di espandere la portata del porto. Il 4 settembre è stata inaugurata qui da noi la MSC Nicola Mastro, una delle navi portacontainer più grandi che abbia mai attraccato nei porti italiani. E proprio per poter accogliere queste navi sempre più giganti verrà allungata una banchina di 100 metri e saranno comprate gru più moderne e di dimensioni maggiori. Il porto è sempre stato centrale a Trieste, ma il suo sviluppo non deve dipendere necessariamente da un suo potenziamento a dismisura, incurante degli enormi danni ambientali che comporta, e del generale peggioramento delle condizioni lavorative. Si pensi solo che la MSC è considerata dai suoi impiegati come una delle peggiori compagnie dove lavorare: abbandonarla è però difficile, visto che è una delle più potenti compagnie di trasporti marittimi.

Ci opponiamo a questo modello di sviluppo: basato sull’accumulazione di ricchezza di un ristretto gruppo di uomini d’affari che lucrano sullo sfruttamento del lavoro e la distruzione dell’ambiente. Un’altra via è possibile, una società più giusta e rispettosa, dove non vengano perseguiti i profitti privati ad ogni costo, ma difesi gli interessi collettivi.

All’aumento della capacità del porto non consegue necessariamente maggiore benessere e lavoro per chi abita la città; all’aumento a dismisura del turismo mordi e fuggi non segue un arricchimento della città né lo sbandierato aumento dell’occupazione.

Piuttosto dovremmo fermarci a riflettere su quali siano i bisogni di persone ed ambiente, costruendo un sistema che lavori a livello locale, diminuendo tutte le attività inquinanti e superando lo sfruttamento del lavoro. Ne va della nostra salute.

APRIRANNO IL DIBATTITO:
· Elena Gerebizza (Re:Common – inchiesta La Galassia MSC)
· Martin Valinger (Università di Lubiana – relazione tra città e i porti di Trieste, Koper e Rijeka)