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[08/12] Stecco libero!

Da troppi anni la repressione avanza senza freni: la rete massiva del controllo è sempre più opprimente, le condanne per reati “politici” sono sempre più pesanti.
La macchina repressiva schiaccia da tutti i lati chi non accetta un mondo basato sullo sfruttamento, sulla guerra e sulla devastazione del territorio a favore del profitto.
Stiamo pagando con la nostra libertà la difesa del sogno rivoluzionario, la lotta per una società libera da ogni forma di dominazione e rispettosa del vivente.
La loro repressione non ci spaventa, più le tenaglie si stringono, più cresce compatta e solidale la nostra rabbia.

L’8 dicembre, alle ore 16.00, saremo in Piazza Sant’Antonio in solidarietà a Stecco e a tutti i detenuti e detenute delle carceri. In sostegno di chi ancora alza la testa lottando per la libertà di tutti e tutte.

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Sempre al fianco di chi ancora ci crede, sempre al fianco di chi lotta!

Esprimiamo solidarietà e vicinanza alle compagne e ai compagni di Corsica, della Magni*fica, delle Favoloske e dello Studentato Occupato di Firenze, che continuano in questi ultimi mesi ed anni a tentare di resistere alla violenza poliziesca e a rispondere ad ogni sgombero. 
Scriviamo questo comunicato per due ragioni: da un lato dare una restituzione di ciò che sta accadendo a Firenze a chi non conosce una realtà geograficamente a noi distante ma che ha, per varie ragioni, delle linee di contatto estremamente marcate con quella triestina e, dall’altra, per dimostrare il più grande sostegno e vicinanza a chi continua a rispondere con determinazione, amore e rabbia alla repressione dello stato, che si fa in ogni angolo d’Italia sempre più violenta e pervasiva. 
Ma quali sono i fatti?
Le compagne della Magni*fica, per tre volte negli ultimi anni, hanno cercato di riprendersi spazi pubblici abbandonati per costituire una casa delle donne transfemminista, e per tre volte sono state sgomberate a suon di manganelli e repressione, spesso per svendere quegli stessi edifici pubblici a nuovi proprietari privati. 
Le Favoloske, invece, in seguito ad uno spumeggiante Pride anti-istituzionale e intersezionale il 30 settembre, hanno deciso di rianimare un ex circolo con una Taz (Zona Temporaneamente Autonoma) di una settimana, per mostrare alla città come ci sia bisogno di spazi sociali in cui costruire dibattiti, assemblee, momenti di socialità e festa collettiva. Le forze dell’ordine anche qui non si sono fatte attendere e dopo un paio di giorni hanno deciso di sgomberare con la forza quella che sarebbe in ogni caso stata un’occupazione temporanea (lo stato, patriarcale com’è,deve ogni tanto mostrare i muscoli per sopravvivere e autoalimentarsi).
Ad agosto anche lo Studentato Occupato è stato sgomberato, uno spazio che da anni garantiva il diritto allo studio a ragazze e ragazzi che i prezzi astronomici di una stanza in affitto in città non se li potevano permettere, in un contesto in cui le case dello studente — come accade anche a Trieste — sono diventate soltanto nuove occasioni di privatizzazione e profitto.
Risale a un paio di settimane fa invece lo sgombero, effettuato a pistole in mano, di una ex banca in via Gramsci, spazio liberato dalle compagne dell’occupazione Corsica. A marzo 2021 la storica occupazione di viale Corsica 81, una ex scuola abbandonata, era stata sgomberata per poi venire rasa al suolo, all’unico scopo di mettere il terreno a disposizione della speculazione edilizia. Ma chi quello spazio lo aveva vissuto non si è lasciata abbattere, e dopo un corteo rabbioso, l’occupazione del tetto e un presidio stabile a Rifredi — il loro quartiere, la loro casa — è stato occupato un nuovo edificio, abbandonato da ben 8 anni, a pochi passi dalla vecchia casa. Anche questo edificio, con la violenta spinta del cosiddetto “Antiterrorismo” — sempre più usato in modo generale contro il dissenso politico — , è stato sgomberato ad agosto di quest’anno.
Perché tanta violenza? Perché tanta repressione?
Sembra che certi palazzi preoccupino molto alle istituzioni unicamente quando vengono occupati e ridonati alla collettività per creare spazi abitativi e sociali, biblioteche popolari, aule studio e luoghi di incontro e confronto. Pare invece naturale che quegli stessi palazzi vengano lasciati a marcire lungo le strade delle nostre città, diventando carne da speculazione, con il conseguente aumento degli affitti, e costringendo sempre più ai margini chi ai margini è già costretta a vivere.
Punirne uno per educarne cento, si suol dire. Perché chi mostra che è possibile strappare spazi all’economia neoliberista, alla speculazione, alle etichette, al decoro, allo spreco, deve essere punita. Non è ovviamente quell’edificio vuoto che viene rianimato il problema, ma il fatto che si possa intravedere un’alternativa, una breccia, una possibilità di stare assieme e vivere in maniera diversa. Questo è ciò che il potere punisce, reprimendo chi osa provarci per spaventare chi non ha ancora iniziato a farlo.
Ma non è vittimismo quello che vogliamo esprimere in questo comunicato, anzi tutto l’opposto. Ciò che vogliamo raccontare è il percorso di chi, nonostante gli sgomberi, le violenze e la repressione, ci crede e ci prova ancora!
Hanno manganellato uno spezzone ad un Pride? La risposta è stata un Pride indipendente, anti-istituzionale e intersezionale che ha permesso a compagne queer provenienti da tutta Italia di incontrarsi e camminare assieme. Hanno sgomberato l’occupazione di Corsica? E proprio da lì nascono momenti di aggregazione in piazza, presidi, concerti nelle strade, cortei e nuove occupazioni.
Un movimento, quindi, che osa rispondere agli sgomberi, alle manganellate, alle denunce, con determinazione e solidarietà, creando sempre nuovi spazi e momenti di socialità. Perché dove volevano paura, hanno generato rabbia; dove volevano deserto, hanno generato nuove forze per andare avanti. 
Trieste come Firenze?
Firenze, la città della gentrificazione e del turismo, e quindi delle tante cittadine e cittadini costretti ad allontanarsi dal centro e a frequentarlo solo per farsi sfruttare da un’industria del turismo sempre più di lusso. La Firenze degli Hotel, dei ristoranti e dei negozi esclusivi; dei locali a prezzi stellari che nessuna lavoratrice con uno stipendio normale può frequentare. La Firenze in cui anche un buco di monolocale di 20 metri quadri non si trova a meno di 600/700 euro al mese. La Firenze in cui il centro va infiocchettato, cacciando qualsiasi socialità diversa da quella dei bar e della movida.
Ma ora che Trieste si incammina sulla tanto prospettata strada della “città turistica”, dove finirà? Dove finiranno gli ultimi? Dove finiranno le persone “normali” che semplicemente 700 euro per un monolocale e 5 euro per uno spritz non se li possono permettere? Una Trieste in cui gli spazi di socialità alternativa semplicemente non esistono, in cui ogni edificio vuoto in centro o rimane tale per specularci o diviene un Hotel, preferibilmente di lusso. Una Trieste dove i pochi spazi verdi stanno venendo anch’essi svenduti mentre i triestini si ritrovano sempre più allontanati dalla città a favore di turisti e navi da crociera.
E chi prova ad aprire Brecce? Anche qui viene represso e perseguitato. Per cosa? Per mostrare come un’alternativa non sia possibile, per mostrare come i criteri del dio mercato siano gli unici . 
Il Giardino che era stato liberato e reso utilizzabile qualche anno fa in zona Cavana è ritornato ad essere sterpaglia, e dicono ora che ci faranno un albergo (sì, un altro!). L’ex Sacra Osteria, occupata per creare uno spazio di socialità alternativa e sgomberata in poche ore, è ancora lì vuota e decadente dopo 4 anni. Chi cerca di portare concerti e musica alternativa in città non trova spazi, chi cerca di portare la politica nel centro tendenzialmente viene manganellato o denunciato, perché il salotto buono deve restare intoccabile e distante dalla realtà di una società in cui i poveri sono sempre più poveri, dove centinaia di persone dormono per strada ogni notte e dove la politica partitica è sempre più distante dai bisogni reali delle persone.
No, Trieste non è Firenze, ogni città ha le sue peculiarità, ma il processo di gentrificazione e turistificazione che ci troviamo davanti sembra seguire di pari passo quello delle grandi città turistiche come Firenze, Venezia e Roma. Anche qui però, c’è chi non ha intenzione di farsi intimidire, c’è chi intende crederci, lottare ancora e rispondere alle violenze e pressioni poliziesche. Non sempre è facile e non lo sarà nemmeno in futuro, ma è anche l’esempio che ci arriva da altri luoghi che ci da la spinta per continuare a provarci. 
Ribadiamo ancora una volta la nostra solidarietà e vicinanza alle compagne di Firenze, e con allegria condiviamo le notizie che da loro sono arrivate sabato scorso: “Oggi abbiamo aperto un altro posto, per soffiare via la sabbia. Un luogo per chi guarda con sconforto, ma senza rassegnazione, al deserto che avanza: vieni a disertare anche tu!”
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Stecco libero subito! Viva la libertà!

Il compagno Stecco è stato arrestato qualche giorno fa dopo essersi dovuto nascondere per due anni a causa della macchina repressiva che gli si è scatenata contro. Molto attivo nelle lotte contro i confini e il sistema carcerario, vogliamo che si parli di Stecco per la persona che è e non per come lo dipinge la campagna mediatica, che lo descrive come un pericoloso terrorista, leader di un gruppo della criminalità organizzata.

Giornali che, senza un minimo di spirito critico, ricopiano le ridicole veline delle questure, le quali raccontano un certo tipo di militanza politica con le stesse forme di un’associazione mafiosa, adducendo a Stecco capacità di “leader”, compiti di “connessione con altre organizzazioni”, “logistica e propaganda”. Stecco è semplicemente una persona che scrive ciò che pensa e che intrattiene relazioni umane e politiche con altre persone, amici e compagne a cui lo legano affetti e ideali. In qualsiasi organizzazione anarchica non ci sono né capi né padroni ed è ridicola in generale la costruzione del mostro che è stata fatta col nostro compagno. Una narrazione e un livello di repressione ancora una volta spropositati: non vogliamo nemmeno provare a contare il denaro speso per arrestare una persona che, semplicemente, in gabbia non ci voleva stare. Stecco rischia moltissimi anni di carcere per aver partecipato ad una manifestazione contro le frontiere nel Brennero, per cui è stato condannato per reati minori come Resistenza o Interruzione di pubblico servizio, o per aver aiutato un compagno con dei documenti falsi. Per noi, militanti di diversa natura, la solidarietà disinteressata è la prima “arma” che caratterizza il nostro agire politico.

Oggi come sempre si svolge una caccia alle streghe alle compagne e ai compagni anarchic*, allo scopo di distruggere la spinta libertaria che lotta per una società giusta, basata sull’uguaglianza sociale e su un potere decisionale e orizzontale. Una spinta che si oppone apertamente allo Stato in quanto istituzione gerarchica e sfruttatrice la cui prima funzione è quella di proteggere sé stesso e le classi dominanti, anche – ma non solo – attraverso la violenza contro le classi popolari.

Uccel di bosco ha messo la sua libertà in gioco per lottare contro il sistema delle frontiere che impedisce il libero movimento delle persone, che le mette a disposizione dello sfruttamento di un mercato predatore e razzista. Nella convinzione che non sia un pezzo di carta – leggi passaporto – a renderci degni di vivere una vita libera e degna, Stecco è sempre stato in prima linea nella lotta contro i confini e ciò che rappresentano. Terrorista non è lui, ma gli Stati complici delle migliaia di morti nel Mediterraneo e sulla rotta balcanica.

Terrorista è lo Stato che reprime la dissidenza politica con ogni mezzo necessario, che incarcera le persone impoverite e costrette all’illegalità per sopravvivere. Carcerate e carcerati destinate a condizioni sanitarie pessime, morti premature, negazione della libertà, supplizio di Stato che raggiunge i suoi livelli massimi nella forma del 41-bis, considerata tortura perfino dall’Unione Europea. Nel frattempo, i veri criminali, quelli coi soldi, mantengono in uno stato di sfruttamento e ricatto tutta la classe lavoratrice e continuano a delinquere liberamente con il beneplacito dei politici.

Poi lo sappiamo quanto è labile il confine tra terrorista ed eroe nell’ipocrisia sociale. Terrorista è chi cerca di distruggere il potere, eroe è quando l’ha distrutto. Onore e reverenza a chi ha lottato per Trieste italiana mettendo le bombe sui treni austriaci – leggi Oberdan -, condanne di terrorismo a chi quel concetto di privilegio nazionalista lo vuole distruggere perchè consapevole che non sarà una Nazione a renderci libere e uguali. Stecco lotta per un mondo migliore, dove sia l’autogestione a organizzare la società in maniera orizzontale e senza soprusi. E noi con lui lottiamo.

Vogliamo Stecco libero e sorridente come noi lo conosciamo! Libere e liberi tutt*!

 

Compagne e compagni di Trieste
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[23/09] Benefit antifascista! [Assemblea antirepressione]

La giornata antifascista del 23 Settembre in Piazza San Antonio sarà un evento benefit a favore della cassa antirepressione.

La cassa triestina antirepressione è uno strumento utile a contribuire alla copertura delle spese legali delle inguaiatə di turno in un’ottica di solidarietà e responsabilità collettiva. Nella data del 23 si è deciso di organizzare una giornata antifascista a seguito dell’avvio delle indagini contro 8 antifasciste e antifascisti triestine accusate di numerosi reati per aver partecipato, assieme a tante altre, al corteo del 25 aprile a Trieste, prima scandalosamente vietato e poi vilmente manganellato dalla Questura di Trieste.

Combinando momenti di confronto e approfondimento a performance artistiche, vogliamo portare nel cuore della città il dibattito su cosa sia per noi l’antifascismo oggi e su cosa significa la repressione subita da movimenti e soggettività in vari contesti. Con tutto questo vogliamo ribadire l’importanza di non abbassare l’attenzione su temi che sono per noi centrali allo sviluppo di una società inclusiva.


PROGRAMMA DELLA GIORNATA:
ORE 17 // IL CATTIVO DI TURNO
Dibattito sul diritto penale del nemico
ORE 18: DIVIETO D’ACCESSO
Dibattito su migranti e frontiere
ORE 19: LIVE MUSIC
Esibizioni di vari generi musicali

[A breve maggiori informazioni sui dibattiti e sulle esibizioni musicali]

L’intero ricavato della serata, compreso quello dei vari banchetti che saranno presenti in piazza, sarà devoluto a favore della cassa antirepressione.

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E vennero a bussare alle nostre porte

Lo sapevamo: ci sono battaglie che non ti risparmiano nulla. Quella contro il 41bis e l’ergastolo ostativo per Alfredo Cospito era una di queste.

La scorsa settimana la Digos si è presentata alle porte di tre compagnə, pescatə come al solito nel mucchio, con un ordine di perquisizione, ribaltando le loro case da cima a fondo per sequestrare oggetti come scarpe, manoscritti, computer, telefoni, martelli, volantini e libri. Il fatto che alcuni di questi ultimi fossero ascrivibili alla stampa anarchica è stato riportato nei verbali quasi a rappresentare una prova di criminosità, come se leggere e studiare alcune cose rispetto ad altre sia di per sé prova di reato. Hanno inoltre fotosegnalato i/le compagnə in questura, tentato di prelevarne le impronte digitali e le hanno mantenutə in stato di fermo per quasi 8 ore. Non aggiungiamo altri dettagli, se non che la foga da sequestro ha portato a requisire dispositivi anche di persone non coinvolte nell’inchiesta e che almeno un account google è risultato hackerato e sottratto al proprietario (con tanto di cambio di password e indirizzo di recupero).

Ci abbiamo messo la faccia in questa battaglia, promuovendo iniziative pubbliche, prendendo parola, scendendo in strada: convintx che fosse la cosa giusta, contro una vergogna, un regime di tortura, un macchinario infernale di isolamento, chiamato 41bis e fine pena mai.

I fatti contestati riguardano uno dei tanti episodi della campagna portata avanti in solidarietà al militante anarchico in sciopero della fame (concluso in fin di vita dopo 180 giorni). Poco importa, per quanto ci riguarda, che le iniziative di solidarietà fossero praticate di giorno o di notte: tutte le iniziative erano parte di un percorso più ampio, di quel lavoro infaticabile operato dall’eterogenea solidarietà internazionale per rompere la cappa di silenzio in cui il caso di Alfredo si trovava. Solo dopo un mese dall’inizio dello sciopero della fame, e l’iniziativa dei pochi che hanno preso posizione, il suo caso ha aperto una breccia nella discussione pubblica: da quella feritoia, che si è man mano aperta, si è sviluppata una critica radicale al sistema carcerario punitivo italiano, tra i peggiori a livello europeo, e ai metodi di vendetta nei confronti dei prigionieri rivoluzionari. Per la prima volta è stata messa in discussione la barbarie del 41bis, fin a quel momento invisibilizzata sotto il terrore della mafia.

Arriva ora una delle tante operazioni repressive dello stato: si isola un episodio, si pesca nel mucchio qualcunə per rimestare nelle sua vita privata e dare avvio alla vendetta. Staremo a vedere come finirà: nel frattempo, a testa alta, continueremo a sostenere le ragioni di chi si è battutə e si batte per il cambiamento di questo ordine sociale verso un mondo in sintonia con la natura in cui non ci siano sfruttatə. Il resto prima o poi andrà discusso: la sproporzione, spiccata nella digos di Trieste, tra modalità di investigazione, sorveglianza e arbitrio poliziesco di fronte ai reati contestati; la cappa oppressiva che cerca di togliere l’aria; l’urgenza di riorganizzare tutte le battaglie che questo mondo aspetta. (Ricordiamo che, pare sotto diretta regia da Trieste, la settimana scorsa è avvenuto anche questo).

Approfittiamo intanto di questa visita per ribadire la nostra solidarietà alla lotta intrapresa da Alfredo Cospito (ancora rinchiuso al 41bis, in attesa delle ridefinizione della pena per il processo Scripta Manent) e far risuonare ancora le nostre parole contro la tortura di stato e la persecuzione dei e delle militanti rivoluzionarə .

Una volta di più FUORI ALFREDO DAL 41BIS! Dalla parte di chi lotta!

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Da Trieste alla Val Maurienne: contro la devastazione del territorio, basta repressione preventiva!

Lo scorso weekend si è svolta in Val Maurienne un’importante iniziativa internazionale contro la linea ad alta velocità Torino-Lione: un weekend di mobilitazione per unire il lato francese e quello italiano in questa lotta contro la devastazione del territorio. A promuoverla, in prima linea, c’erano il movimento Le Soulevement de la Terre che da tempo porta avanti un percorso radicale su territori, grandi opere, ambiente e risorse idriche; e il movimento Notav, che da trent’anni si batte in Val Susa in difesa del territorio contro il mostro dell’alta velocità e le sue opere inutili, dannose e imposte.

Le giornate, nonostante l’imponente dispositivo di polizia, le interdizioni e gli impedimenti da parte della prefettura locale, la violenza, le granate e le piogge di lacrimogeni, si sono rivelate un successo che – nella varietà delle pratiche – hanno saputo mettere a confronto compagnx di diverse provenienze e in campo pratiche radicali di lotta politica.

Vogliamo però denunciare l’ennesimo episodio di repressione amministrativa, che ha riguardato centinaia di compagnx, tra cui sei triestini, che avevano intenzione di unirsi alla mobilitazione. All frontiera italo-francese, infatti, diverse persone si sono viste notificare un “Refus de entree”, una misura amministrativa di interdizione all’ingresso nel territorio francese motivata con due ragioni: la radicalità del movimento Le Soulevement de la Terra, considerato in sostanza eversivo e di cui, proprio in queste ore, si è deciso lo scioglimento da parte delle istituzioni francesi; la pericolosità delle persone interessate dal provvedimento che sarebbero una minaccia per l’ordine e la sicurezza pubblica.

Queste segnalazioni, raccolte ad arte dalle varie questure italiane per compilare delle vere e proprio liste di proscrizione, si basano su variegati momenti di lotta politica, che in molti casi non hanno neanche portato a imputazioni: si tratta dunque di annotazioni discrezionali da parte di organi di polizia, che non permettono alcun tipo di garanzia e difesa. Uno sbirro annota, decidendo della tua pericolosità; da lì in poi la tua libertà di movimento e di manifestazione risulta compromessa. Ci chiediamo dove siano i garantisti in queste occasioni!

Il tutto avviene in una frontiera già pesantemente sorvegliata in senso etnico, che vede continuamente respingimenti ed espulsioni di persone migranti in movimento: una pratica che si sedimenta e rende sempre più visibile il regime della frontiera, come filtro e macchina di controllo dello stato.

Vogliamo dunque denunciare questa deriva repressiva, che fa della prevenzione e della pratica amministrativa il suo strumento fondamentale. Un controllo soft, ma sempre più esteso, che pesa sulle teste di tuttx!

Se siamo delle minacce all’ordine pubblico – ovvero al sistema che garantisce e protegge la devastazione dei territori, il respingimento dei migranti, il profitto dei pochi – lo accettiamo senz’altro; ma respingiamo con forza la schedatura di massa e il controllo poliziesco, che sono la vera minaccia che incombe!

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[07/06] Assemblea-aperitivo contro la repressione!

Il riuscitissimo benefit dello scorso sabato aveva come obiettivo immediato raccogliere dei soldi per pagare delle spese legali. Spese imposte da un giudice a due compagn*, ma che noi abbiamo assunto immediatamente come collettività. Questo perché come qualcuno diceva l’altro giorno dal palco, “la prima e fondamentale funzione della repressione è quella di isolare, separare le responsabilità, colpire individualmente per ridurre il gesto politico a semplice comportamento illegale”. Ci vogliono sole, perché una comunità viva è infinitamente più difficile da addomesticare che degli individui soli.
Non è sempre facile comunicare cosa intendiamo quando diciamo “repressione”, soprattutto a chi non l’ha subita più o meno direttamente. Il concetto può essere astratto, ma è invece molto concreto e materiale l’insieme di dispositivi legali-polizieschi che tentano quasi quotidianamente di colpire determinati gruppi auto-organizzatisi dal basso, o semplicemente azioni e comportamenti di dissenso.
Un dissenso che per noi vuol dire la messa in campo di visioni del mondo diverse da quelle che i poteri statali ed economici cercano di imporci, tentativi di vivere una vita altra rispetto a quella che ogni giorno ci viene calata dall’alto.
In questo contesto, vorremo iniziare una discussione collettiva su come porci davanti a questi meccanismi repressivi, su come possiamo organizzarci meglio per resistere e per rispondere come comunità politica.
Per questo vi aspettiamo mercoledì 7 giugno alle 19 a San Giusto, per un momento di discussione e convivialità in cui iniziare a rispondere insieme a queste questioni.
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[27/05] Concerto benefit contro la repressione!

[SLO]          [ENG]
TRIESTE HARDCORE, SMARZA PRIDE & BURJANA presentano:
CONCERTO BENEFIT CONTRO LA REPRESSIONE
[Riva Traiana, Parcheggio Ausonia]

Appare ormai evidente come l’apparato statale, negli ultimi anni, abbia messo in atto una vera e propria crociata repressiva nei confronti dellə compagnə, a Trieste come altrove: con ogni mezzo a propria disposizione, sembra che l’unico intento sia quello di colpire i soggetti più esposti con la speranza di spaventare e dividere sempre più le realtà che animano le piazze e le strade triestine.

I casi sono i più disparati e fantasiosi: possiamo citare il divieto totale al corteo del 25 aprile scorso, con annessa la vergognosa gestione securitaria delle forze del disordine, come il comportamento tenuto dal questore stesso, che durante la comunicazione in questura dello scorso Smarza Pride, con fare paternalistico, da un lato rassicurava lə compagnə sull’importanza della manifestazione e dall’altra firmava le prescrizioni che vietavano di manifestare lungo le rive di Trieste, per garantire “il corretto svolgimento delle iniziative economiche”.

Di esempi più o meno eclatanti, negli ultimi anni, ne abbiamo collezionati un’infinità: in proposito, vale ancora la pena ricordare come la digos si sia prodigata per far in modo che un concerto hardcore non avesse luogo, facendo pressione sui gestori del locale in cui doveva svolgersi la serata. La ragione? La chiara vicinanza dellə organizzatorə a gruppi, secondo loro, afferenti all’area anarchica.

Digos, anticrimine e procura riempono i tribunali di fascicoli degni di una saga fantasy e noi ci ritroviamo con denunce e processi a nostro carico.

L’occasione di questo benefit, nello specifico, è la pronuncia di una sentenza per oltraggio a pubblico ufficiale, a carico di due compagni, condannati sulla base di testimonianze fantasiose e prove pressoché inesistenti.Le testimonianze fornite dai compagni e dalle compagne in occasione del processo, che mettevano in luce dinamiche completamente diverse da quelle raccontate nei verbali, ovviamente non sono state credute.

Arrivatə a questo punto, con le prime sentenze che pesano sulle spalle di alcune persone, le parcelle dei legali vanno pagate e noi abbiamo scelto di non lasciarə nessunə da solə!

Crediamo che l’unica risposta possibile a questo clima repressivo sia la volontà di fare rete ed assumersi, ognunə secondo la propria sensibilità, la disponibilità ad esporsi, in modo da non lasciare alcuni gruppi o singolə individuə come unici bersagli!

FREE ENTRY!

Con noi ci saranno:
PRIMA, DURANTE E DOPO:
Dj-Set Trash & more by Trieste Hardcore Crew + TBA
I nostri concerti vogliono essere uno spazio sicuro per tuttx, quindi non saranno tollerati comportamenti fascisti, razzisti, maschilisti, omotransfobici, sessisti e abusanti.

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Il Primo Maggio non è dei confederali

Dopo la disastrosa gestione del 25 aprile si sarebbe potuto credere che la questura avesse esaurito tutte le sue idee allucinanti. Invece no. Ieri a Burjana e Coordinamento no green pass sono state recapitate le prescrizioni per il Primo maggio, mostrando come all’assurdo non ci sia mai limite. Questa volta si sarebbe voluto vietare alle nostre realtà di portare un impianto in corteo, senza che i confederali battessero ciglio davanti a questo flagrante tentativo di limitare la libertà di manifestazione.

Usiamo il condizionale perché l’USB, a sua volta convocata per ricevere le prescrizioni, mobilitando immediatamente legali e giornalisti ha fatto pressione su Digos e Questura e, sottolineando l’assurdità e la gravità della situazione, è riuscita ad ottenere di poter utilizzare il proprio impianto seppur a “congrua distanza” dai confederali. Ieri l’USB ha inoltre deciso di aderire al nostro spezzone e quindi terminerà il corteo assieme a noi e allo spezzone anarchico in piazza Libertà.

In un clima di cosí plateale disinteresse della politica tutta e dell’economia per le necessitá e i diritti delle persone, è raccapricciante che CGIL, CISL e UIL, per il secondo anno di fila, abbiano cercato di imporre, attraverso la questura, la loro presenza in piazza nelle modalità congeniali esclusivamente a loro, tentando questa volta di silenziare quello spezzone sociale che già sanno essere antagonista tanto ai padroni quanto a chi con loro tratta servilmente.

Confederali: non ci farete tacere e se vi fa paura che si senta quello che abbiamo da dire, è forse perché in fondo sapete che abbiamo ragione. In un mondo di precarietà in aumento, crisi economica e ambientale non possiamo sentirci rappresentati da voi, che pacificate il conflitto sociale, che evitate lo scontro col potere, che silenziate le vere necessità delle sfruttate e gli sfruttati.

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Alfredo Cospito e la vittoria

“Io sottoscritto Alfredo Cospito comunico di voler sospendere lo sciopero della fame”. Con questo schietto messaggio, scritto su un modello prestampato apposito per le comunicazioni fra detenuti e magistrati, il militante anarchico comunicava mercoledì scorso al Tribunale di Sorveglianza di Milano la sua decisione di tornare a mangiare. Dall’Ospedale San Paolo di Milano, Cospito finiva così 181 giorni in cui ha messo a vero rischio il proprio corpo — unico strumento a sua disposizione nell’isolamento in cui è costretto a vivere — per la lotta contro il 41bis e l’ergastolo ostativo.

Il giorno precedente, la Corte Costituzionale dichiarava l’incostituzionalità della norma applicata alla sua condanna, che impediva il riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti relative ai fatti contestati (due pacchi bomba a basso potenziale messi davanti alla caserma allievi carabinieri di Fossano che non hanno determinato morti, feriti o danni gravi), sulla cosiddetta recidiva reiterata. Finora, questa norma stabiliva l’automatica applicazione dell’ergastolo ostativo, che impediva a sua volta il riconoscimento dei benefici penitenziari — semilibertà, liberazione condizionale, permessi premio, ecc. — a* detenut* che non “collaborano con la giustizia”.

In altre parole, la Consulta ha fatto cadere la regola che ha consentito ai giudici di murare a vita Alfredo in carcere (e, con lui, chiunque altr* condannat* per gli stessi reati), senza consentire un eventuale sconto di pena basato sulla valutazione degli effetti concreti dei fatti attribuitigli.

Alfredo continuerà per ora ad essere rinchiuso nel 41bis, ma la scintilla della sua lotta ha prodotto questo significativo risultato, che porterà non solo alla revisione del suo processo, ma anche ad evitare che altr* possano subire la stessa sua sorte. Un risultato che, come ha detto qualcuna, “non è certamente una ‘vittoria’ dello stato di diritto o un ‘ritorno’ ai princìpi della costituzione, bensì un risultato conseguito dallo sciopero della fame e dal movimento di solidarietà internazionale sviluppatosi nell’arco degli ultimi 11 mesi”.

La vittoria non è un assoluto, ma una tappa che ogni tanto si riesce a percorrere lungo la strada. E oggi, nonostante tutto l’orrore che circonda questa vicenda, non possiamo non sentire un briciolo di gioia per questo obiettivo raggiunto.
Gioia perché la lotta paga, anche quando logora chi la porta avanti, come Alfredo, che forse non recupererà mai la sua capacità deambulatoria, causa i danni che la fame ha inflitto al suo sistema nervoso periferico.
La lotta paga e, talvolta, come oggi, riesce a superare la forza di una repressione di Stato sempre più pervasiva, di cui le condanne a rimanere “sepolti in vita” come certi apparati dello stato hanno provato a fare con Alfredo sono solo la punta della piramide. Nei livelli sottostanti si trovano il carcere “normale”, le infinite multe (sempre più care per questioni sempre più banali), i dispositivi legali “preventivi” (fogli di via, daspo, sorveglianza speciale), gli sgomberi degli spazi liberati, i divieti di manifestare, la censura nelle pubblicazioni, la militarizzazione dello spazio pubblico.
Alfredo Cospito, come tante altre prima, ci ha insegnato che tutto questo non rende impossibile lottare per ciò in cui si crede, che è ancora possibile scatenare ondate di solidarietà in modo trasversale, che l‘autoritarismo dello Stato, con tutta la sua potenza, non è onnipotente.
Quindi ringraziamo profondamente Alfredo, e tutte e tutti coloro che ogni giorno, anche lontano dai riflettori, si spendono, senza perdere la gioia di vivere, per generare mondi migliori dentro questo mondo di merda. Grazie.